Season
10 – Stagione teatrale
Presente / Internazionale / Partecipato / Urbano / Politico
Gioco / Cittadino / Multimediale / Progetto / Dispositivo
10 parole chiave. 10 modi. 10 azioni. 10 spettacoli.
10 è cifra doppia e cifra tonda, quella delle grandi occasioni da festeggiare e dei bilanci da presentare. Sono stati anni di corse, rincorse, discussioni e punti interrogativi. Anni in cui abbiamo sperimentato e osato. Ci siamo prese libertà e le abbiamo condivise. Abbiamo conosciuto e incontrato i vicini del quartiere prima e poi il resto del mondo. Abbiamo ascoltato e tradotto lingue diverse. Abbiamo preso confidenza con le nuove tecnologie, il multimediale e il digitale, conversato con computer e programmato smartphone, composto playlist e immaginato nuovi format. Abbiamo invaso piazze, strade e fermate della metropolitana, camminato per strade e sentieri periferici ma anche guardato il mondo dall’alto. Abbiamo visto l’alba e i tramonti appena fuori città, giocato con ragazzi e bambini e inseguito anziani in calzamaglia che si credevano Superman. Abbiamo ballato il pop tedesco, il pasodoble catalano e il rock inglese. Abbiamo quasi fondato un partito. Ci siamo più volte innamorate come tutte le ragazze libere.
Il desiderio di capire, entrare nelle questioni, immaginare e scoprire nuovi modi di fare è rimasto quello di dieci anni fa. Il mondo per noi è ancora tutto da sfogliare, molte le urgenze da sondare, tante le domande da verificare anche se spesso le risposte ci stanno un po’ strette. E così andiamo avanti, sempre più convinte che mettere al centro dei progetti le persone e il loro agire sia un modo per ascoltare mille prospettive diverse e aprire nuovi sguardi sul mondo che ci circonda. Ci interessa il futuro. I prossimi dieci anni. Le sfide ci sono sempre piaciute. Crediamo nella pluralità del pubblico e nella coerenza del nostro lavoro, la cui visione si fonda sulla convinzione che la creazione artistica sia una leva attiva e attivatrice per la riflessione e l’azione collettiva sulle dinamiche sociali della vita contemporanea.
Gli spettacoli che presentiamo nascono e raccontano vite vissute, esperienze anche estreme, spesso lontane dalla narrazione urlata dei media e dei social. Alla base della ricerca artistica degli spettacoli in programma possiamo trovare sempre un dato reale, una testimonianza o un documento storico/scientifico, un’urgenza da raccontare. Perché sono l’insieme delle piccole storie, dei gesti audaci e delle scelte controcorrente che fanno la Storia. E questa continuerà a essere la nostra direzione.
10 – cifra doppia e cifra tonda – si apre già con un +1 per immaginare una nuova decade, raccontare mondi altri, sempre più convinte che la potenza dell’opera artistica possa trasformarsi in azione politica e incidere sul nostro futuro più prossimo.

Eléctrico 28 (ES/AT)
Performance urbana in cuffia | in inglese e italiano, durata 45 min
c/o quartiere Sarpi.
Il luogo esatto della performance verrà comunicato al pubblico unicamente via mail.
Ispirato all’osservazione di tutto ciò che ci circonda di cui scriveva Georges Perec, con la performance urbana [ The Frame ] il collettivo austriaco/catalano Eléctrico 28 ci invita ad accomodarci in un teatro pop-up situato in una tranquilla strada cittadina per osservare la vita che scorre, per pensarla, calcolarla, determinarla e condividerla. Quattro personaggi, addestrati all’osservazione e all’organizzazione dello spazio, delle cose e degli esseri viventi, s’immergono nella vertigine del presente e traducono, con semplicità poetica, ciò che accade in lettere, le lettere in parole e le parole in frasi. Per un breve lasso di tempo, tutto diventa un grande spettacolo teatrale che non finisce mai. Una commedia senza trama che sta in equilibrio sul filo della banalità delle cose che accadono aggrappata alla lente d’ingrandimento del teatro. [ The Frame ] è un invito ad aprire il cuore e gli occhi per scoprire l’irrilevante, l’insignificante, le cose della vita. [ The Frame ] è una grande opportunità per fermarsi ed osservare. Un esercizio drastico. Una pacifica ribellione al pensiero dominante.
creazione di Daniela Poch, Josep Cosials, Jordi Solé and Alina Stockinger occhio esterno Claudia Mirambell Adroher, Sergi Estebanell produzione Eléctrico Express & Arnau Vinós musica e suono Jakob Rüdisser costumi Sarah Sternat foto Eva Freixa / Clemens Nestroy video Raúl Moreno coproduzione Generalitat de Catalunya (Departament de Cultura) ICEC & theaterland steiermark & Fira Tàrrega con il supporto di Graz Kultur, Land Steiermark Kultur, Escena Poblenou, Can Allà, CC Can Felipa, das andere theater, FITCarrer Vila-real, Sinksen Festival Kortrijk, Institut Ramon Llull
Eléctrico28, is an Associate artist of IN SITU, the European platform for artistic creation in public space, in the frame of the project (UN)COMMON SPACES, co-funded by the Creative Europe Programme of the European Union. The Associate artist programme is supported by Artopolis Association (HU), Atelier 231 (FR), Čtyři Dny / Four Days (CZ), FiraTàrrega (ES), Flynn Center (USA), Freedom Festival (UK), La Strada (AT), Lieux publics (FR), Metropolis (DK), Norfolk & Norwich Festival (UK), Oerol Festival (NL), Østfold Internasjonale Teater (NO), Oda Teatri (XK), Provinciaal Domein Dommelhof (BE), Scène Nationale De L’Essonne (FR) and a consortium of 3 Italian partners: ZONA K, Indisciplinarte, Teatro Stabile Di Sardegna.”
con il contributo di


Eléctrico 28 è un collettivo di artisti austriaci e catalani che dedica il proprio lavoro allo spazio pubblico e ai suoi abitanti. Amano le sorprese delle strade, le immagini cinematografiche che si possono creare su questo ampio palcoscenico in continua evoluzione e la memoria visiva che rimane quando ce ne andiamo. Adorano esplorare le zone grigie tra realtà e finzione, mettere in discussione le convenzioni sociali e teatrali e ripensare il ruolo del pubblico. L’umorismo e la filantropia sono le principali forze trainanti del loro lavoro.
foto di Nikola-Milatovic
Roger Bernat/FFF
e Qui E Ora (ES/IT)
Performance partecipata
c/o ZONA K
“Il teatro è l’elaborazione collettiva di un’ipotesi di lavoro che avviene solo quando, all’uscita dallo spettacolo, la consapevolezza di non aver interpretato bene il ruolo del pubblico si mescola all’intuizione dei tanti modi per farlo meglio. In un mondo in cui la Partecipazione è un dato di fatto ma quasi mai reale, il teatro si assume il compito, non facile, di mettere in campo una partecipazione che, senza essere necessariamente un dato di fatto (o proprio perché non lo è), riesce a essere reale.” (tratto da Seeing oneself living di Roberto Fratini&Roger Bernat)
Come si fa cultura? In che misura programmare è una forma di drammaturgia dissimulata? E se la Cultura consta di programmi, portati a termine da persone programmate per programmare, a che programma obbedisce il soggetto comune quando è messo a gestire la cosa culturale? Fare cultura è insomma una prestazione attorale o drammaturgica? Fare Cultura è una performance per interpreti qualificati o sarebbe meglio affidarla a incompetenti? Come si scelgono gli spettacoli per un festival? Quali sono i ragionamenti che una direzione artistica affronta? Esistono criteri puramente estetici? Da che spettacolo mentale, da che copione ideologico tiriamo fuori le nostre opinioni sugli spettacoli altrui? Quali gli scontri, le discussioni artistiche, economiche, etiche e politiche? Che quota di finzione ammette lo scenario del dibattito? Quanto teatro ammette la sincerità del forum? Quali le tensioni personali e la risoluzione dei conflitti in un processo di scelta? Quali processi non manifesti, occasionalmente paradossali e in qualche caso grotteschi, rendono accessibile al pubblico un certo artista o un certo spettacolo? Che porzione di Dioniso muove l’ebbrezza di decidere?
A partire da queste domande nasce il progetto condotto dal regista catalano Roger Bernat/FFF (ES), mirato a indagare come si costruisce un dispositivo che racconti e insceni i processi decisionali e di selezione, le turbolenze dialettiche celate dietro al lavoro di una direzione artistica.
Il lavoro ha origine dalle suggestioni e dalla ricerca che Roger Bernat sta sviluppando a partire dal Festival a direzione artistica partecipata under 25 Up To You curato da Qui e Ora Residenza Teatrale e dalla Rete Risonanze.
Roger Bernat sarà spettatore per sei mesi del lavoro di Up To You e di altri festival della Rete Risonanze. Lo spettacolo sarà un dispositivo che riproduce, testimonia e tergiversa intorno a questa esperienza.
progetto di Roger Bernat con drammaturgia di Roberto Fratini e la partecipazione di Francesca Albanese, Silvia Baldini, Josephine Magliozzi e Laura Valli software Matics Barcelona suono Joan Solé montaggio video Txalo Toloza gráfica Marie-Klara González produzione e curatela Qui e Ora (Milano) coproduzione Capotrave – Infinito e Kilowatt Festival (Sansepolcro), con il sostegno di Risonanze Network (rete italiana di festival e direzioni artistiche partecipate da giovani under 30) e del MIC
Questo spettacolo non sarebbe stato possibile senza la collaborazione disinteressata di: Agnès Mateus e Quim Tarrida, Agrupación Señor Serrano, Alessandra García, Animal Religion, Atresbandes + Bertrand Lesca & Nasi Voutsas, Azkona/Toloza, Baró d’Evel, Brodas Bros, Cabosanroque, Cris Blanco, Col·lectiu VVAA, David Espinosa, El Conde de Torrefiel, Germana Civera, Iniciativa Sexual Femenina, Joan Català, Jordi Oriol, Juana Dolores, Las Huecas, Macarena Recuerda, Malpelo, Marcel·lí Antúnez, La Veronal, Marta Galán, Nao Albet e Marcel Borràs, Ça Marche, Núria Guiu, Nyamnyam, Pere Faura, Quim Bigas, Societat Doctor Alonso e Soren Evinson.
Roger Bernat artista e regista catalano, dopo aver iniziato gli studi di architettura e di pittura, studia drammaturgia e regia all’Institut del Teatre di Barcellona. Nel 2008 fonda Roger Bernat/FFF e inizia a creare performance in cui il pubblico prende la scena e diventa protagonista. «Gli spettatori passano attraverso un dispositivo che li invita a obbedire o a cospirare, e in ogni caso a pagare con il proprio corpo e impegnarsi». La prima performance partecipativa è Domini Públic (2008), cui fanno seguito tra gli altri Please continue (Hamlet) (2011), Pendiente de voto (2012) We need to talk (2015), No se registran conversaciones de interés (2016-17) e The place of the Thing (2017), Flam (2019), ENA (2020), Desnonissea (2021), PIM PAM(2021) or Terra Baixa (2022). Roger Bernat utilizza gli strumenti teatrali per costruire drammatizzazioni collettive in cui, come in ogni comunità, è il pubblico ad avere il difficile compito di mettere in scena se stesso. Queste drammatizzazioni partecipative confondono i ruoli di attore e spettatore e mettono il pubblico di fronte all’esperienza del dubbio. Sebbene i suoi progetti siano stati presentati prevalentemente in contesti teatrali, nell’ultimo decennio i suoi dispositivi sono stati prodotti da istituzioni come Documenta Kassel o la Biennale di San Paolo.
Qui e Ora è una compagnia di produzione costituita da artiste provenienti da esperienze diverse ma accomunate da una stessa visione poetica. Lavora su drammaturgia autografa e ama confrontarsi e collaborare con altri artisti e artiste per dare vita alle proprie opere, in un meticciamento di linguaggi e visioni. Nasce nel 2007 sul territorio della provincia di Bergamo con il progetto Être – Esperienze Teatrali di Residenza, opera in ambito nazionale e internazionale con produzione di spettacoli, organizzazione di rassegne, curatela di laboratori. Qui e Ora è teatro che parla del presente, che prova a costruire immaginari collettivi e dare forza alle contraddizioni con uno sguardo ironico. Dal 2012 nella provincia di Bergamo Qui e Ora realizza un progetto artistico e culturale che porta il territorio e i cittadini – attraverso laboratori, inchieste, rassegne e festival teatrali – al centro della sperimentazione artistica e della creazione di prodotti culturali. Nel 2015 inaugura il Granaio, un progetto di ospitalità in residenza di artisti/e presso un ex granaio ristrutturato. Nel 2018 Qui e Ora è riconosciuta dal MIBAC come “impresa di produzione di teatro di innovazione”.
Kepler-452 (IT)
spettacolo teatrale | durata 100 min
c/o Teatro Out Off, via Mac Mahon 16
Una compagnia di teatro che decide di mettere in scena “Il Capitale” di Karl Marx. Lo decide perché, dopo la fine del primo lockdown, sente la necessità di mettersi in ascolto di chi, nella fase immediatamente successiva, avrebbe perso il posto di lavoro. Nicola ed Enrico decidono così di girare l’Italia alla ricerca di quei luoghi in cui le pagine di Marx diventano persone, luoghi, accadimenti. Un giorno finiscono in una fabbrica, la GKN di Campi Bisenzio, che ha appena chiuso. In un mattino dell’estate 2021, il 9 luglio per la precisione, i 422 operai che ci lavorano ricevono una mail: non devono tornare al lavoro il giorno dopo: sono licenziati. Da quel giorno gli operai occupano la fabbrica. I primi giorni dell’autunno la compagnia entra per la prima volta alla GKN. Gli operai li invitano a mangiare il cinghiale con loro. Da quel giorno loro dormono lì, dentro la fabbrica occupata, su delle brandine. Nel frattempo Nicola ed Enrico intervistano centinaia di operai, partecipano a picchetti, assemblee, manifestazioni, ascoltano, osservano, cercando di volta in volta di tornare alle pagine di Marx per tentare di instaurare un dialogo creativo tra “Il Capitale” e quello che succede al presidio, tra un classico della letteratura filosofica ed economica e un gruppo di esseri umani in carne ed ossa. Poi la loro attenzione si concentra su tre persone in particolare: Iorio, manutentore, Felice, operaio addetto al montaggio e Tiziana, operaia addetta alle pulizie, che invitano in teatro con loro per fare insieme uno spettacolo. Comincia così la creazione de Il Capitale, uno spettacolo che racconta cosa significa trascorrere vent’anni in fabbrica a fare dei pezzi, delle differenze tra chi lo ha fatto e chi non lo ha fatto mai, dell’estrazione di plusvalore, della chiusura di una fabbrica tra tante, di cosa succede quando un gruppo di operai decide di tentare di fare la storia, di come per qualche tempo le logiche del Capitale vengano estromesse da un perimetro di spazio, quello di uno stabilimento industriale occupato. Di come il Capitale, prima o poi torni a presentare il conto. Il Capitale è anche la storia dell’incontro tra una compagnia di teatro e un gruppo di operai metalmeccanici nell’autunno del Capitale. Il Capitale è soprattutto uno spettacolo sul tempo, sul suo scorrere, su chi lo possiede, su chi lo vende, lo acquista, lo libera.
un progetto di Kepler-452 drammaturgia e regia Enrico Baraldi e Nicola Borghesi con Nicola Borghesi e Tiziana De Biasio, Felice Ieraci, Francesco Iorio – Collettivo di fabbrica lavoratori GKN e con la partecipazione di Dario Salvetti luci e spazio scenico Vincent Longuemare sound design Alberto Bebo Guidetti video e documentazione Chiara Caliò consulenza tecnico-scientifica su “Il Capitale” di Karl Marx Giovanni Zanotti assistente alla regia Roberta Gabriele macchinista Andrea Bovaia tecnico luci e video Giuseppe Tomasi fonico Francesco Vacca elementi scenici realizzati nel Laboratorio di ERT produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale si ringraziano Stefano Breda e Cantiere Camilo Cienfuegos di Campi Bisenzio
Kepler-452 è una compagnia teatrale che nasce nel 2015 a Bologna dall’incontro tra Nicola Borghesi, Enrico Baraldi, Paola Aiello e, per la parte organizzativa, prima Michela Buscema e poi, dal 2021, Roberta Gabriele. Fin dalla sua nascita la compagnia coltiva un’urgenza: aprire le porte dei teatri, uscire, osservare ciò che c’è fuori, nell’incrollabile convinzione che la realtà abbia una forza drammaturgica autonoma. I formati teatrali realizzati spaziano dal coinvolgimento in scena di non-professionisti sulla base delle proprie biografie, a reportage teatrali che trasformano indagini sul reale in momenti performativi, alla creazione di percorsi audioguidati e altri dispositivi di interazione con lo spazio urbano, fino alla realizzazione del Festival 20 30 che, a partire dal 2014, ha portato in scena tanti under 30 nel tentativo di tracciare un affresco generazionale. A partire dal 2018 comincia un percorso di produzione con ERT / Teatro Nazionale “ Il giardino dei ciliegi – Trent’anni di felicità in comodato d’uso” (2018) mentre nel 2019 debutta “F. – Perdere le cose”. A partire dal 2017 realizza diverse edizioni di Comizi d’amore, un format di teatro partecipato che racconta in scena alcune comunità a partire dalle domande poste da Pasolini nel suo documentario omonimo.
foto Luca Del Pia
Alessandro Renda e Jens Hillje (IT/DE)
videoinstallazione + incontro
c/o ZONA K
Dopo il debutto nel 2022, ZONA K ripropone in forma videoinstallativa, l’importante lavoro di indagine e coinvolgimento di persone realizzato con la produzione Non siamo niente, saremo tutto. Interviste, filmati, audio che fermano un oggi lavorativo complesso, fatto di forti gap generazionali, di aspettative mancate, di realizzazioni, di voglia di partecipare. Un archivio online – fotografia del mondo del lavoro oggi – partito dalle testimonianze dei primi lavoratori coinvolti e in continua crescita per ogni piazza che lo spettacolo tocca. L’installazione sarà accompagnata da un talk di approfondimento sul mondo del lavoro oggi che coinvolgerà il regista, i partecipanti ed esperti del settore, coinvolti anche grazie alla collaborazione con l’Istituto Ferruccio Parri.
regia Alessandro Renda dramaturg Jens Hillje con i cittadini e le cittadine di una chiamata pubblica di Milano e La Spezia editing e visual effect video Francesco Tedde, Alessandro Tedde (Antropotopia) produzione ZONA K
Il progetto è realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito di Art Waves Produzioni di cultura contemporanea e con il sostegno di Fondazione Cariplo e del Comune di Milano.
Alessandro Renda è attore, regista e filmmaker. Dal 1998 è membro del Teatro delle Albe di Ravenna. Prende parte a numerosi spettacoli della compagnia, da I Polacchi (1998) a L’isola di Alcina (2000), da Salmagundi (2004) a Stranieri (2008) da Inferno (2017) e Purgatorio (2019) tra gli altri. Porta in scena da oltre un decennio il monologo scritto da Marco Martinelli Rumore di acque (2010), con diverse tournée in Europa e negli Stati Uniti. Dal 2001 è “guida” nei laboratori della non-scuola, pratica teatral-pedagogica antiaccademica delle Albe, con diverse esperienze in Italia e all’estero. Dal 2003 si occupa di video, realizzando proiezioni per la scena o “traduzioni” in video di molti spettacoli della compagnia o documentari attorno a esperienze teatrali.
Jens Hillje (Germania, 1968) dal 1990 lavora nella scena del teatro indipendente tedesco come attore, autore e regista. Nel 1996 ha fondato insieme a Thomas Ostermeier lo spazio ‘Barracke’ al Deutsches Theater. Dal 1999 fino al 2009 è Chief-dramaturg e membro della direzione artistica della Schaubühne di Berlino con Thomas Ostermeier e la coreografa Sasha Waltz. In qualità di dramaturg lavora con i maggiori esponenti del teatro europeo. Nel 2000 crea ha creato il F.I.N.D Festival nel 2000 alla Schaubühne uno dei più rinomati festival in Germania. Dalla stagione 2013/14, Jens Hillje è co-direttore artistico e Chief-dramaturg del Gorki, insieme a Shermin Langhoff. Dal 2021 è free dramaturg. Nell’estate 2019 è stato insignito del Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia.
Foto Luca Del Pia
Anagoor (IT)
un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto
spettacolo teatrale | durata 80 min
c/o Teatro Out Off, via Mac Mahon 16
Anagoor ha sede a Castelfranco Veneto e ha un atelier operativo nella campagna trevigiana in un ex allevamento di conigli trasformato in teatro. Da sempre ha a cuore la relazione che intercorre tra politica, lingua, ambiente naturale e paesaggio: lo fa convocando sulla scena linguaggi diversi, una babele delle arti (da quelle visive alla poesia) nello Asforzo di dire il reale e le sue fratture. Anagoor -pur non citandolo mai esplicitamente -ha da tempo fatto propria la lezione di Zanzotto. Molte le analogie che legano il gruppo di Castelfranco al poeta di Pieve di Soligo: la scelta radicale di osservare la storia dalla periferia senza che questa posizione implichi chiusura e arroccamento, la relazione complessa con la tradizione e con il canone che determina un’inattualità ostinata, la sofferenza per la devastazione, la tenacia nel rinnovare la fiamma di arti solo apparentemente inascoltate.
Il titolo di questo lavoro allude alla raccolta di versi IX Ecloghe che Andrea Zanzotto pubblicò nel 1962. Il poeta sceglieva per umiltà di stare un passo indietro al luminoso Virgilio e alle dieci ecloghe delle Bucoliche. Ultra moderno e antichissimo a un tempo, Zanzotto sa bene che la letteratura è come un coro di voci di morti. L’ultra modernità da antichissimo che connota Zanzotto non è tuttavia un dato puramente letterario, e la sovrimpressione delle bucoliche al proprio paesaggio, al proprio linguaggio, non è mai piana memoria letteraria, bensì̀ percezione di una irrimediabile frattura tra chi è ormai “versato nel duemila” e quel mondo perduto. Zanzotto capta e illumina l’inferno dentro il quale siamo calati eppure ostinatamente regge il fuoco di una speranza bambina. Il poeta del paesaggio, attraverso la visione della devastazione del paesaggio e la crisi del paesaggio interiore, della psiche e della lingua, afferra e connette le cause e gli effetti di un dolore che rende muti, ergendosi presto come forza civile e storica e persino metafisica. L’intera opera di Zanzotto, come una nuova ecloga, oltre le dieci di Virgilio, parla con la voce futura della profezia e rinnova la visione di un bambino che verrà.
testi Andrea Zanzotto con Leda Kreider e Marco Menegoni musiche e sound design Mauro Martinuz drammaturgia Simone Derai, Lisa Gasparotto regia, scene, luci Simone Derai voce del recitativo veneziano Luca Altavilla la scena ospita un’evocazione dell’opera Wood #12 A Z per gentile concessione di Francesco De Grandi Realizzazioni Luisa Fabris immagine promozionale realizzata da Giacomo Carmagnola management e distribuzione Michele Mele produzione Anagoor 2022 coproduzione Centrale Fies, Fondazione Teatro Donizetti Bergamo, ERT / Teatro Nazionale,TPE – Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi, Operaestate Festival Veneto
Vai a MEPHISTOPHELES di Anagoor
Foto Giulio Favotto
Anagoor (IT)
proiezione con live set elettronico | durata 50/70 min
c/o Teatro Out Off, via Mac Mahon 16
Un Grand Tournelle zone buie del cosmo, lì dove scaturiscono insieme la tenebra e le sofferenze delle generazioni, il rapporto dell’uomo con la natura, con l’eros, con i compagni animali, con il tempo e con la tecnica, con l’assoluto: l’impossibile. Sotto il nome del demone che tentò Faust, Mephistopheles, Anagoor raduna il materiale video raccolto tra il 2012 e il 2020 in un unico viaggio per immagini attraverso le lacrime del mondo, musicato in un live set elettronico da Mauro Martinuz. La materia cinematografica di spettacoli teatrali come Lingua Imperii, Virgilio Brucia, Socrate il sopravvissuto, Faust, Orestea, è composta da immagini profeticamente raccolte nei musei e nei templi, nelle case di cura per anziani e negli allevamenti intensivi, tra macellai, pastori e pellegrini, in India, in Iran, ad Olimpia, sulla ferita campagna veneta e sul Vesuvio. L’enorme quantità di materiale inedito trova nuova composizione in questo volo e caduta in forma di concerto cum figuris. Un concerto per immagini sul mondo, l’umano e l’animale, la violenza contro i corpi e il profitto in un’opera che ben mostra la visione estetica e politica della compagnia. Un’opera-film dove l’immagine che scorre trova il suo movimento nel suono live di Mauro Martinuz per condurci in un contemporaneo fuori dal tempo: quello dei corpi e della loro devastazione, dei soprusi di un capitalismo sempre più accelerato che nega le stagioni, il paesaggio e i sentimenti. Uomo contro natura ma anche uomo contro uomo. Mephistopheles eine Grand Tour è un film “mondo”, un gesto politico di consapevolezza.
scritto e diretto da Simone Derai musica e live set Mauro Martinuz montaggio Simone Derai fotografia Giulio Favotto assistente alla regia Marco Menegoni riprese Giulio Favotto, Simone Derai, Marco Menegoni coordinamento organizzativo Annalisa Grisi management e promozione Michele Mele produzione esecutiva Centrale Fies / Laura Rizzo, Stefania Santoni produzione Anagoor 2020 coproduzione Kunstfest Weimar*, Theater an der Ruhr**, Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee / Museo Madre***, Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Villa Parco Bolasco – Università di Padova
*supportato dal Ministero dell’Ambiente, Energia e Protezione della Natura della Turingia;
**supportato dal Ministero della Cultura e della Scienza della Renania Settentrionale – Vestfalia;
*** finanziata da POC Regione Campania 2014-2020.
Vai a ECOGLA XI Un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto
La compagnia Anagoor è fondata da Simone Derai e Paola Dallan a Castelfranco Veneto nel 2000, configurandosi fin da subito come un esperimento di collettività. Oggi alla direzione di Simone Derai e Marco Menegoni si affiancano le presenze costanti di Patrizia Vercesi, Mauro Martinuz e Giulio Favotto, Monica Tonietto, Gayané Movsisyan, Massimo Simonetto mentre continuano a unirsi artisti e professionisti che ne arricchiscono il percorso e ne rimarcano la natura di collettivo. Il teatro di Anagoor risponde a un’estetica iconica che precipita in diversi formati finali dove performing art, filosofia, letteratura e scena ipermediale entrano in dialogo, pretendendo tuttavia, con forza e in virtù della natura di quest’arte, di rimanere teatro. Dal 2008 Anagoor ha la sua sede nella campagna trevigiana, presso La Conigliera, allevamento cunicolo convertito in atelier e dal 2010 fa parte del progetto Fies Factory di Centrale Fies – art work space. Michele Mele e Annalisa Grisi completano il team seguendo management e curatela del progetto artistico.
Sergi Casero Nieto (ES)
Performance in lingua spagnola con sottotitoli in italiano | Durata 55 min
Sabato 11 novembre Sergi Casero incontrerà il pubblico a fine spettacolo.
c/o ZONA K, via Spalato 11
“Perché conosco a malapena il passato di mia nonna?”
Il patto dell’oblio è uno spettacolo che interroga/indaga la trasmissione intergenerazionale del silenzio politico in Spagna dall’inizio della dittatura franchista fino ai giorni nostri.
Attraverso una raccolta di sguardi intimi sulla memoria collettiva spagnola, questo spettacolo performativo nasce dalla riflessione che, per indagare la violenza politica nella storia recente del paese, è necessario svelare le abitudini di oppressione domestica intrecciandosi con un senso di oblio generazione dopo generazione, nonché le conseguenze che questa omissione storica ha prodotto nei successivi discendenti di famiglie come quella dell’autore.
Autofiction e analisi storica vanno di pari passo in questo esercizio di memoria che, attraverso il linguaggio della luce, esamina dal vivo i contorni del silenzio collettivo di fronte ad un pubblico invitandolo a vagare tra le lacune della memoria attraverso le quali il dolore represso è filtrato silenziosamente nel corso di decenni.
Con il desiderio di mitigare intimamente il trauma provocato dalla storia ufficiale che parla di vincitori e vinti come collettivi senza spessore personale, Casero esplora le diverse condotte generazionali rispetto all’amnesia istituzionalizzata, come quella incarnata dai suoi parenti stretti. Mentre il pezzo si svolge, attraverso quel silenzio emergono voci che parlano delle conseguenze dell’oblio, così come degli spazi attraverso i quali ricostruire la nostra memoria.
di e con Sergi Casero Nieto produzione Centrale Fies / Live Works residenze Centro de Residencias Artisticas Matadero Madrid consulenza drammaturgica Mònica Molins promozione Domenico Garofalo
Sergi Casero Nieto (Barcellona, 1991) Il suo lavoro si colloca all’intersezione tra design, azione e ricerca. Nel suo lavoro esplora l’uso della performance come strumento per rappresentare i risultati della ricerca, prestando particolare attenzione alla progettazione di dispositivi scenografici. L’informazione storica diventa fisicamente presente nel suo lavoro, approfondendo le contro-narrazioni come le testimonianze orali o la memoria collettiva, mettendo in discussione le narrazioni egemoniche attraverso la presentazione di prospettive multiple del passato. Il suo lavoro è stato presentato, tra le altre istituzioni europee, alla Veem House for Performance (Amsterdam), al Het Nieuwe Instituut (Rotterdam), al Van Abbe Museum (Eindhoven), all’Arts Santa Mònica (Barcellona) e alla Centrale Fies (Dro, Italia).
Foto di Roberta Segata
Mauro Pescio (IT)
Live del Podcast Io ero il Milanese
Spettacolo teatrale | durata 75 min
c/o ZONAK
Uno spettacolo nato come podcast dalla penna di un attore-scrittore, Non è la storia di un eroe è la restituzionelive del podcast Io ero il Milanese di e con Mauro Pescio. Lo spettacolo è il racconto di un uomo che nella vita ha fatto tante scelte sbagliate, un uomo con cui la sfortuna si è accanita, un uomo che ha toccato il fondo, ma che da quel fondo si è rialzato. La storia di Lorenzo è diventata un podcast, intitolato Io ero il Milanese, prodotto da RaiPlay Sound, diventato un vero e proprio caso nel 2022. Partito in sordina, grazie al passaparola il podcast ha conquistato il pubblico superando i 700 mila ascolti. Ora la storia di Lorenzo S. potrà essere conosciuta dal vivo:
lo spazio teatrale è, per antonomasia, la spazio della rivoluzione, adatto quindi a dare voce alla rivoluzione personale di Lorenzo S. e alla sua storia difficile, dura, ma anche piena di speranza.
di Mauro Pescio e Lorenzo S. con Mauro Pescio grafiche di Lorenzo Terranera
Mauro Pescio, autore radiofonico e teatrale. Dopo essersi diplomato alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano si trasferisce a Roma dove fonda una compagnia teatrale con cui lavora per dieci anni. Dal 2012 è autore di “Voi siete qui” per Radio24 e dal 2015 di “Pascal” di Radio2. Per Audible ha scritto “La piena”, prima produzione italiana di Amazon di un podcast teatrale. Dal 2017 collabora con Radio3 per la trasmissione di audiodocumentari “Tre soldi”.
Hannah Hurtzig/Mobile Akademie Berlin (DE)
performance
Un progetto fortemente voluto che segna l’arrivo e la ripartenza, la sintesi di una volontà e di una visione del nostro costruire progetti di teatro partecipato fuori formato.
Combinando l’intimità del tête-à-tête con la spettacolarità dell’installazione teatrale, il Market for Useful Knowledge and Non-Knowledge mette in scena la comunicazione e lo scambio come un’opera d’arte e una performance partecipata di ampio respiro. Per ogni città che lo presenta, il Mercato è creato ex novo, con un focus tematico diverso legato al contesto urbano contemporaneo. La performance prevede un’inedita assemblea di un centinaio di “esperti”, le cui diverse conoscenze – che possono andare dall’ovvio e irriverente all’inaspettato e sorprendente – forniscono una visione enciclopedica del tema selezionato. Si tratta di temi urgenti, di interesse cittadino e universale, di argomenti spesso riportati dai media ma sui quali manca un approfondimento. In un grande spazio – definito agorà – gli esperti sono convocati non a tenere una conferenza per un’intera platea ma molteplici sessioni individuali di 30 minuti ciascuna, in cui si mettono a disposizione del singolo spettatore. I dialoghi possono prendere la forma di un interrogatorio, di una disputa, di un esercizio, di una confessione. The Market for Useful Knowledge and Non-Knowledge trasforma la natura performativa di ogni interazione sociale in un accattivante spettacolo teatrale.
Ideato da Hannah Hurtzig e presentato per la prima volta nel 2004, The Market for Useful Knowledge and Non-Knowledge è stato messo in scena 34 volte in paesi in Germania, Polonia, Turchia, Lettonia, Francia, Israele, Finlandia, Colombia, Gran Bretagna e molti altri ancora.
L’artista, curatrice e drammaturga berlinese Hannah Hurtzig ha fondato la Mobile Academy Berlin nel 1999. Da allora ha esplorato modalità di trasferimento della conoscenza in teatri, ambienti accademici, musei e mostre d’arte. Oltre al Mercato della Conoscenza Utile e della Non Conoscenza, tra i progetti in corso vi sono installazioni e archivi. Questi sono stati presentati in musei e in diverse biennali, tra cui Venezia, Taipei, Novosibirsk e Delhi.
Babilonia teatri (IT)
– Season preview 2023 –
show-concert | duration 75 min
c/o Out Off Theatre, via Mac Mahon 16
On 25 January 2011, the Egyptian revolution began, which within a few days led to the ousting of Mubarak. One of the triggers was the killing of Khalid Said by two policemen, who was guilty of asking the reason for a sudden search of him inside an internet café. Khalid Said was beaten savagely and then taken to the barracks where he was tortured and killed. His body will be found lifeless in the middle of a street.
On 25 January 2011 in Tahrir Square was Ramy Essam, known in Egypt today as the voice of the revolution. Ramy in the square was singing for Khalid Said, for all the Khalid Saids, who before and after Khalid Said suffered the same fate. Ramy sang to depose Mubarak and, to this day, has never stopped singing against the successive regimes in Egypt.
Since 2014 Ramy has been living in exile, he can no longer set foot in Egypt, an arrest warrant for terrorism hangs over his head. The arrest warrant makes no reference to his art or the content of his songs, but it is clear that the Egyptian regime does not in any way welcome the call for freedom and justice for his people that he sings endlessly, and that the accusation of terrorism is completely unfounded.
Ramy’s songs, in Egypt and beyond, everyone knows them, his videos reach 10 million views, but he, for his people, cannot sing.
Not one note. Not a word. His mouth must remain shut. He can only connect with those who follow him through a screen.
Ramy has opened our eyes. Every day Ramy asks us questions and demands answers.
Questions that alone we did not have the words to formulate, but which today, working on stage side by side with Ramy become deeply concrete, deeply human, deeply political, deeply authentic.
With this performance we want to give voice to these questions.
What does the state mean. What justice means. What power means. What police means. What is process. What legality means. What constitutes incarceration. What means torture. What public opinion means. What journalism and freedom of information means. What responsibility, humanity, strength means.
To tell it, with us, will be the voice of those who, like Ramy, live every day on their skin what dictatorship means. Ramy will sing and shout it with the grace, poetry, anger and nostalgia of those who pay a high price every day, exile, for their choices.
We want to expose the hypocrisy of certain politics. We want to tell how and to what extent the reason of state is ready to trample underfoot the inviolable rights of man, repeatedly enshrined in international conventions that, in practice, remain a dead letter. We want to question ourselves on our weakness. About the weakness of a state that does not know how to give transparent answers. We want to tell how our being free citizens in a free state encounters and clashes with the dynamics of victim and executioner. With dynamics that harm, offend and play with people’s dignity. We believe that this is never acceptable and that it is always worth repeating with strength and determination.
In order not to stop being free citizens in a free state.
by Valeria Raimondi and Enrico Castellani with Ramy Essam, Enrico Castellani, Valeria Raimondi, Amani Sadat, Luca Scotton lights design Babilonia Teatri/Luca Scotton stage direction and video design Luca Scotton
production Teatro Metastasio di Prato
Babilonia Teatri is a group that has entered the contemporary theatre scene with a decisive step, distinguishing itself for a language that has been defined as pop, rock, punk. The founders of the group, Enrico Castellani and Valeria Raimondi, compose dramaturgies with a unique pace, a sort of litany carved out of the contradictions of today, brought to the stage with a rebellious attitude. They have investigated different angles of provincial life, crystallising it as a microcosm of a universal pain, tackled with desecrating courage. Courage that earned the group the prestigious Silver Lion at the Venice Biennale. Babilonia Teatri is characterised by its irreverent and divergent gaze on today's uncovered nerves. For an unconventional style that understands theatre as a mirror of society and reality. Through the use of new visual and linguistic codes it expresses the need and urgency of questioning, to bring out conflicts and tensions, with irony and cynicism, affection and indignation.
Silke Huysmans & Hannes Dereere (BE)
– Season preview 2023 –
multimedia performance with English and Italian subtitles | duration 60 min
A meeting with the company will be held at the end of the performance on Friday 24 February.
c/o Out Off Theatre, via Mac Mahon 16
‘We know more about the surface of the moon than we do about the bottom of the ocean.’ This statement is often heard when talking about the deep sea. Worldwide, only 10 percent of the ocean floor has been mapped and explored. At a moment in history when the planet we live on seems to have been explored extensively, some places remain unstudied and untouched.
After their acclaimed performances Mining Stories and Pleasant Island, Silke Huysmans and Hannes Dereere present the final part of their trilogy on mining. This time, they focus on a completely new industry: deep sea mining. With resources on land becoming increasingly scarce and overexploited, mining companies turn towards the ocean. In the spring of 2021, three ships gather on a remote patch of the Pacific Ocean. One of them belongs to the Belgian dredging company Deme-Gsr. Four kilometres below the sea surface, their mining robot is scraping the seabed in search of metals. On another ship, an international team of marine biologists and geologists keep a close watch on the operation. A third ship completes the fleet: on board of the infamous Rainbow Warrior, Greenpeace activists protest against this potential future industry.
From their small apartment in Brussels, Silke and Hannes connect with the three ships through satellite. Each of the ships represents one pillar of the public debate: industry, science and activism. Through a series of interviews and conversations, an intimate portrait of this new industry emerges. The piece is an attempt to capture a potentially pivotal moment in the history of the earth. How much deeper can mining companies dig, and what are we as humankind actually digging towards? What are the challenges and risks? What opportunities potentially lay ahead?
by & with Silke Huysmans & Hannes Dereere dramaturgy Dries Douibi sound mix Lieven Dousselaere outside eye Pol Heyvaert technique Korneel Coessens, Piet Depoortere, Koen Goossens & Babette Poncelet production CAMPO coproduction Bunker (Ljubljana), De Brakke Grond (Amsterdam), Noorderzon – Festival of Performing Arts and Society (Groningen), Zürcher Theater Spektakel (Zürich), Beursschouwburg & Kunstenfestivaldesarts (Brussels), PACT Zollverein (Essen), Théâtre de la Ville (Paris) & Festival d’Automne à Paris (Paris) residencies Kunstenwerkplaats, Pilar, Bara142 (Toestand), De Grote Post, 30CC, GC De Markten & GC Felix Sohie special thanks to John Childs, Henko De Stigter, Patricia Esquete, Iason-Zois Gazis, Jolien Goossens, Matthias Haeckel, An Lambrechts, Ted Nordhaus, Maureen Penjueli, Surabhi Ranganathan, Duygu Sevilgen, Joey Tau, Saskia Van Aalst, Kris Van Nijen, Vincent Van Quickenborne & Annemiek Vink thanks to all conversation partners & the people who helped with the transcriptions
Silke Huysmans studied acting at the KASK School of Arts Ghent and Hannes Dereere theatre science at the University of Ghent. With their performances, the two Brussels-based artists investigate the use of journalistic and documentary elements within theatre. Underlying their work is extensive field research, which they use to shape their projects. Since 2016, they have been working on a trilogy involving long-term research on mining. For the first part entitled Mining Stories (2016), Silke and Hannes returned to where she grew up in Brazil. In 2015, a dam explosion flooded this place with toxic mining waste, causing one of the biggest ecological mining disasters in recent history. Mining Stories received the main prize at the Zürcher Theaterspektakel 2018 (Switzerland). From 2019 is the second part, Pleasant Island. In this performance, the tiny island state Nauru holds a mirror up to the whole world. Nauru was once a paradise in the Pacific. After decades of colonisation and mining, this island finds itself in grave danger, literally up to its neck in rising sea levels. Out of the Blue concludes the trilogy and premiered at the Kunstenfestivaldesarts in May 2022.
Mammalian Diving Reflex/Darren O’Donnell (CA)
– PRIMA NAZIONALE –
un progetto di ZONA K e Triennale Teatro Milano
Performance multimediale partecipata con utilizzo di Visori 3D per 30 spettatori | durata 90 min | la performance è caratterizzata da un’intensa presenza di fumo
c/o ZONAK
Guardiamo con nostalgia nel cielo notturno quel piccolo punto rosso e sogniamo stupidamente di ricominciare, come se i problemi sulla Terra si risolvessero più facilmente a -65° e con l’aiuto di alte dosi di radiazioni cosmiche. Combinando performance dal vivo e realtà virtuale, The Last Minutes Before Mars ci invita a entrare nel mondo di un gruppo di giovani per incontrarne famiglie e amici e trascorrere del tempo negli spazi preziosi delle loro vite. Ciò fa da sfondo all’incontro con gli altri estranei presenti in sala, in un’esperienza collettiva che riflette sulla consapevolezza di far parte tutti dello stesso viaggio, in movimento verso la medesima direzione – indipendentemente da quello che ci accade –; ora, centinaia di migliaia di anni fa e oltre, in un futuro troppo terrificante e bello da immaginare.
ideazione, regia: Darren O’DonneII co-direzione: Chiara Prodi team di co-ideazione: Darren O’Donnell, Konstantin Bock, Alice Fleming, Tina Fance, Sorcha Gibson, Thule Van Den Dam, Sara Guttadauro, Sara Ben Hamouda, Andrada Ciccotto, Fjoralba Qerimaj, Jerwin Mostiero, Morena Marra, Craig McCorquendale, Genny De Leon, Elisa Fasiello, Mervin Kyle Fajardo, Fi Nicholson, Gianluca Benvenuti con: Sara Guttadauro, Sara Ben Hamouda, Andrada Ciccotto, Fjoralba Qerimaj, Jerwin Mostiero, Elisa Fasiello, Mervin Kyle Fajardo produttori esecutivi: Alice Fleming, Ryan Lewis, Virginia Antonipillai produttore associato: Craig McCourquodale musiche: Isola Music ringraziamenti: Stephen O’ConneII, Letizia Gozzini (ITAS Giulio Natta)
The last Minutes Before Mars è stato originariamente co-commissionato e coprodotto da ZONA K e Triennale Milano Teatro, in collaborazione con l’ITAS Giulio Natta di Milano e con il sostegno del Canada Council of the Arts, deII’Ontario Arts Council e deII’Ambasciata del Canada in Italia.
Guidata da Darren O’Donnell, Mammalian Diving Reflex è una compagnia fondata a Toronto nel 1993. Dopo essersi allontanata da un’impostazione teatrale più tradizionale per passare a pratiche di impegno sociale incentrate sulla performatività. Creando spettacoli alla ricerca di contraddizioni da trasformare in esperienze esteticamente brillanti, i Mammalian cercano sempre di travolgere loro stessi e il pubblico con idee e sensazioni, lasciando che sia l’intuizione a guidare il percorso. (mammalian.ca)
Darren O’Donnell è romanziere, saggista, drammaturgo, filmmaker, regista di performance, direttore artistico e fondatore di Mammalian Diving Reflex. La sua missione è quella di dar vita a un tessuto sociale che integri profondamente la cultura e le istituzioni culturali, aumentandone la capacità di risposta sociale. Nel 2000 ha vinto il Pauline McGibbon Award per la regia ed è stato nominato per diversi Dora Awards di Toronto per scrittura, regia e recitazione, vincendo, insieme a Naomi Campbell, per il progetto While Mice. II suo lavoro con la compagnia Mammalian è entrato nella top 100 dello Yerba Beuna Culture Centre del 2016. È stato nominato due volte per il BKM-Preis Kulturelle Bildung tedesco e per il premio inaugurale Ellen Stewart Award di New York.
Foto © Paul Blakemore
Miriam Selima Fieno/ Nicola Di Chio (IT)
Spettacolo multimediale partecipato | durata 75 min
c/o ZONAK.
Per partecipare occorre richiedere tessera 2023 almeno 24 ore prima dello spettacolo.
Fallo subito, clicca QUI
Attraverso un dialogo che oscilla tra il teatro e il documento, dove la narrazione dal vivo si fonde alla narrazione audiovisiva, due adolescenti si confrontano: Giorgia, una ragazzina italiana di 14 anni, racconta la sua vita quotidiana di europea che vive in un florido tempo di pace, nella quale giace tuttavia il dolore di una guerra familiare; Abdo un giovane rifugiato siriano avvicina Giorgia alla conoscenza di un’altra guerra: quella fatta di bombe, missili ed esplosioni sotto cui vivono da undici anni migliaia di suoi coetanei in Siria.
Gli spettatori sono invitati a entrare delicatamente in un mondo privato e lacerante insieme ai protagonisti che, attraverso dispositivi elettronici e materiali personali, accettano di esporre una elaborazione viva e dal vivo della loro biografia e degli aspetti privilegiati e dolorosi che hanno segnato le loro storie fino ad oggi. Lo spettacolo va alla ricerca di un equilibrio tra storia personale e storia epocale, in un intenso affresco emotivo dove la tecnologia dilata come una lente di ingrandimento il nostro presente e apre squarci su mondi non poi così distanti, mostra i volti della guerra, entra dentro le case e ne fa vedere i frammenti, i ricordi, i futuri possibili.
concept e regia Nicola di Chio, Miriam Selima Fieno in scena Abdo Al Naseef Alnoeme, Giorgia Possekel drammaturgia Miriam Selima Fieno scenografia virtuale e light design Maria Elena Fusacchia videomaking Nicola Di Chio, Miriam Selima Fieno, Abdo Al Naseef Alnoeme, Giorgia Possekel video di archivio Hazem Alhamwy realizzazione miniature Ilenia Lella Fieno video di archivio Hazem Alhamwy spazio sonoro Antonello Ruzzini produzione Tieffe Teatro Menotti, Bottega degli Apocrifi con il sostegno di CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG / Dialoghi – Residenze delle Arti Performative a Villa Manin 2022_2024, Qui e Ora Residenza Teatrale, L’ Arboreto Teatro Dimora di Mondaino, Teatro Giovani Teatro Pirata / AMAT, Zona K in collaborazione con Mishwar Ong.Vincitore Premio YOUNG&KIDS 2022 FIT Festival Lugano Menzione Premio Scenario Infanzia 2020 Vincitore Bando Alte Marche Creative 2021
Nicola Di Chio e Miriam Selima Fieno sono attori, registi e autori. Si diplomano alla Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine. Lavorano insieme dal 2011 nell’ambito delle performing arts creando opere di drammaturgia contemporanea che spaziano dalla fiction alla non fiction. Realizzano gli spettacoli “Lybia. Back home”, “Human Animal”, “RealItaly”, “Cantare all’amore”, “La protesta”. Vincono il Bando Ora! di Compagnia di San Paolo, il Premio Scintille, il Bando Funder35 di Cariplo, il Bando Hangar Creatività di Regione Piemonte, il Bando Next, il Premio In-Box. Negli anni ricevono importanti riconoscimenti, realizzano rassegne e festival, conducono percorsi formativi. Dal 2018 dirigono il loro lavoro verso il teatro documentario definendo una nuova strada di indagine e produzione che li porta a realizzare progetti ibridi i quali fondono il teatro al giornalismo narrativo al cinema del reale, affrontando temi legati alla geopolitica, ai diritti umani, alle relazioni tra Occidente e Medioriente. Lavorano con attori, musicisti, bambini, rifugiati, giornalisti, e creano opere che intrecciano non solo discipline diverse come il teatro, il cinema e la musica, ma anche identità culturali e artistiche distanti. Con i nuovi spettacoli documentari “Fuga dall’Egitto” e “From Syria: is this a child?” vincono il bando IntercettAzioni, il Bando Movin’up, il premio Young&Kids al Fit Festival di Lugano, la menzione al Premio Scenario Infanzia, il bando Alte Marche Creative. Attualmente sono impegnati nella realizzazione del nuovo film del regista siriano Hazem Alhamwi e nella scrittura del loro primo lungometraggio.
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