Scoprire Via Padova con Generazione gLocale

di Andrea Ciommiento

People / Generazione gLocale

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A un certo punto due ragazze di una nota università privata di Milano mi fermano per strada. Hanno in mano un plico di fogli che a guardarli bene sono pieni di appunti e poco spazio vuoto. 
“Possiamo farle una domanda?”, chiedono loro. 
“Certo”, rispondo io. 
“Stiamo facendo una ricerca sulla percezione della sicurezza a Milano. Soprattutto in alcuni quartieri, come questo…”.


Mi guardo attorno e, in effetti, siamo in uno dei quartieri più interessanti. Non tanto per la presenza di musei, negozi griffati o uffici dell’alta finanza, ma per la sua vitalità. Siamo a NoLo, zona vicinissima alla “pericolosa” Via Padova. 
Le domande continuano: “Vede una trasformazione di questa zona? Ha una sensazione di paura, qui?”. Io, a pensarci, inizio a ricordare cosa vedo ogni volta che mi trovo in questa parte di città.

Vedo, vedo, vedo…
Vedo un centro sociale autogestito (oggi una rarità) e una scritta sul muro: “Se il presente è di lotta, il futuro sarà nostro”. Vedo un mercato di frutta e verdura, di vestiti e di vociare multilingue. Vedo una libreria chiamata Anarres, che in vetrina espone testi di antropologia, femminismo, geopolitica. Anche qualche albo illustrato per l’infanzia. E quando entri puoi stare un po’ lì, bevendo un caffè, leggendo un libro o lavorando al computer. Vedo anche uno spazio di nuova costruzione chiamato Mosso che a guardarlo velocemente sembra solo un ristorante ma poi ti accorgi che si presenta anche come portierato di quartiere, officina creativa e supporto alle persone migranti.

Vedo infine un furgone rosso e bianco di Emergency, una sorta di presidio sociale e sanitario proprio davanti all’entrata di un enorme Parco chiamato Trotter. Uno di quei parchi-mondo dove dentro c’è tutto: ci sono scuole, campi sportivi, un teatrino, una palestra, molti alberi e svariate panchine. Certo, vedo anche Via Padova, che ti catapulta dentro a un’altra idea di città, che può farti sembrare in un attimo a Lima, Marrakesh o Palermo. Ti fa sentire “straniero” per le persone che incontri, per i colori che vedi e per la sua vita di strada.

“Vedo e racconto questo”, dico alle ragazze che mi stanno intervistando, “perché basterebbe aprire il sito di qualsiasi giornale online e farsi un’idea su tutto il resto. E tutto il resto porta altre parole come spaccio, pericolo, baby-gang, rapine, prostituzione”. Le due studentesse sono un po’ sconcertate ma soddisfatte. Chiudono la registrazione audio del loro iPhone, mi ringraziano e se ne vanno. 

Ci salutiamo e ognuno va per la sua strada.

Ora però sono quasi le due e mezza. Entro al Parco Trotter, proprio lì incastonato tra Via Giacosa e Via Padova. Ogni settimana, da questo autunno, abbiamo ripreso in mano il format di Generazione gLocale, un progetto di teatro partecipativo promosso da ZONA K che racconta le nuove generazioni a partire da laboratori di narrazione e spettacoli multimediali dal vivo. Un percorso che portiamo avanti dal 2017 ad oggi incontrando ragazzi e ragazze delle scuole medie e superiori.

Qui, insieme con me, c’è anche Leda come preziosa assistenza. Ci sono anche Anna, Francesca, Sara per il supporto “pedagogico” legati a Project for People. Ci aiutano a tenere le fila tra noi, la scuola e il gruppo. Ci troviamo nel teatrino del parco, uno dei posti che il gruppo conosce bene perché questo spazio è spesso usato dalla scuola.

Primo passo. Facciamo qualcosa di semplice: iniziamo a conoscerci. Proponiamo un po’ di esercizi pratici, fatti d’azione, musica, giochi. Esercitazioni che aiutano a costruire insieme e a condividere alcune regole che potremmo utilizzare anche durante lo spettacolo. La concentrazione è la prima meta da raggiungere, perché tutti noi, non solo i più piccoli, abbiamo sempre più difficoltà a farlo. Così troviamo qualche strada utile per non distrarci troppo, cosa potremmo fare? Potremmo iniziare lasciando gli smartphone sul tavolo prima di salire sul palco; potremmo poi fare una pausa a metà laboratorio condividendo un po’ di cibo come merenda. Troviamo, appunto, regole per stare insieme.

Secondo passo. Lo spettacolo prova a raccontare i Protagonisti con cui lavoriamo, una sorta di identikit delle nuove generazioni. Quello che vogliamo attivare è un dialogo e al contempo uno scontro tra il mondo degli Adolescenti e il mondo degli Adulti. Iniziamo allora da un esercizio: scrivete alcuni cartelli.

Immaginate questi cartelli come slogan di una manifestazione contro di loro. Cosa scrivereste? Aspettiamo un po’ e scopriamo qualcosa: “Mamma, non ho scongelato il pollo!”. Benissimo, Malak, sicuramente avrai anche qualche messaggio un po’ più universale… “Ma questo lo è, vale per tutti noi!” Mi giro e tutto il gruppo annuisce compatto con la testa. Ora è il turno di Doa, Ruben, Allison; alzano i loro cartelli: “Ascoltateci”, “Non sono io l’adulto”, “Dateci tempo”. Molto bene, questi potrebbero tornarci utili. C’è ancora altro? Intervengono Ahmed, Nicholas, Alessandro, Alessia, Louise: “Fate i seri”, “Basta compiti!”, “Basta ciabattare”. Ciabattare? E cosa vuol dire? Il gruppo risponde in coro: “Dai, Andrea. Vuol dire basta cecchinare i figli con le ciabatte”. Tutto chiaro adesso!

A un certo punto qualcuno del gruppo chiede se la “vita da adulti fa davvero schifo come sembra”. Un’ottima domanda, solo che per rispondere ci serve tempo. Ma l’incontro è già volato. Così ogni settimana continuiamo a raccogliere storie in una forma non lineare contrapponendo la loro vita alla vita degli adulti. Raccogliamo storie, coreografie, musiche, abilità sportive: tutto potrebbe servirci per raccontare l’identità dei Protagonisti.

Siamo arrivati a febbraio e dal tempo del laboratorio siamo passati al tempo delle prove. Ora apriremo le porte del Parco per il nostro spettacolo e proveremo a raccontare l’identità di questa Generazione gLocale. Una preziosa occasione per “vedere e raccontare” senza pregiudizio chi abita ogni giorno qui in Via Padova, come i nostri Protagonisti.

produzione ZONA K (Milano), creazione collettiva Studenti e Studentesse dell’IC Casa del Sole – Milano, drammaturgia e regia Andrea Ciommiento, assistenza alla regia Leda Peccatori, coordinamento progettuale Federica Di Rosa, coordinamento pedagogico Anna Doneda (Project for People)progetto sostenuto con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese, in collaborazione con Lapsus e Terzo Paesaggio

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