Che l’esito di questa indagine sia la rivoluzione di cui oggi si ha più bisogno?

Osservatorio Stratagemmi / Non siamo niente, saremo tutto

«In piedi, dannati della terra,/In piedi, forzati della fame!/La ragione tuona nel suo cratere,/È l’eruzione finale./Del passato facciamo tabula rasa,/Folle, schiavi, in piedi! In piedi!/Il mondo sta cambiando radicalmente,/Non siamo niente, saremo tutto!»

Da questa manciata di versi tratti dalla canzone del poeta comunardo Eugène Pottier ha origine il titolo del progetto prodotto da ZONA K per la regia Alessandro Renda e Jens Hillje come dramaturg. Scritta nel giugno 1871 e musicata da Pierre de Geyter di Lille nel 1888, L’internazionale diviene prestissimo l’inno del movimento operaio e, per estensione, di tutti i lavoratori e le lavoratrici. Con la rivoluzione alle porte e l’entusiasmo suscitato dalla percezione di sé stessi come l’impalcatura necessaria su cui poggia il progresso, i “dannati della terra” rovesciano le convinzioni della borghesia benpensante e conservatrice che li considerava poco più di niente: un niente – necessario e debitore – che stava imparando a esigere tutto (o ad essere tutto) alla luce dei giovanissimi ideali di uguaglianza.

A centocinquant’anni di distanza dalle parole scritte da Pottier e dopo aver esperito in maniera diretta i limiti strutturali del sistema lavoro, emersi in maniera particolarmente eclatante durante il periodo pandemico, la direzione artistica di ZONA K ha ritenuto indispensabile attuare un’indagine sul mondo contemporaneo dei lavoratori attraverso lo strumento del teatro. Un progetto ambizioso, che vede personalità artistiche di grande rilievo accettare una grande sfida: costruire una drammaturgia inedita a partire dalle esperienze dirette di un folto gruppo di partecipanti (accomunati dal semplice fatto di avere un lavoro, allargando in questo modo la chiamata pubblica inizialmente rivolta solo ai lavori di cura), innestata sull’impalcatura narrativa di America di Kafka (1911-14). Un espediente insolito, data la natura non teatrale del testo kafkiano, che alimenta un immaginario costruito sui temi del viaggio compiuto dal giovanissimo protagonista Karl Rossman attraverso la modernità esotica della lontana America e il mitico Teatro naturale di Oklahoma, un teatro dove chiunque è il benvenuto e chiunque può trovare un impiego a prescindere dalla propria storia e dalla propria formazione.

La chiamata a cui lavoratori e lavoratrici hanno risposto invitava a percorrere un viaggio attraverso i molti aspetti, emozionali e concreti, che appartengono alla dimensione del lavoro. I partecipanti al progetto, coinvolti sia da La Spezia sia da Milano, hanno dato inizio alla creazione performativa, attraverso la generosa condivisione delle proprie esperienze professionali. Futuri lavoratori, neoassunti, pensionati, impiegati, liberi professionisti, dipendenti statali, artisti, soddisfatti, entusiasti, frustrati e indifferenti: tutti e tutte hanno accettato di raccontare un frammento di sé e offrire il proprio sguardo sulla società attraverso la lente della materialità del lavoro e delle relazioni che lo costituiscono e lo determinano. È proprio attraverso la condivisione delle esperienze che i partecipanti traggono nuovi spunti per inscrivere la propria storia in quella di una collettività: grazie alle toccanti parole di un giovane “bidello-artista”, ad esempio, è possibile intravedere la bellezza delle relazioni umane che nascono nei corridoi della scuola pubblica. Oppure, attraverso la frustrazione di lavoratori e lavoratrici insoddisfatti ci viene data l’occasione di sentire il coraggio necessario per accettare il proprio destino senza tuttavia accantonare la speranza di essere felici. Preziose sono anche le storie di soddisfazione e pienezza di pensionati e giovani professionisti e quelle di lavori nati da una sincera vocazione. Questo coro di voci, che regala agli spettatori decine di racconti in cui riconoscersi e a cui aggrapparsi, rappresenta il nucleo più profondo e interessante dell’intero progetto. Il lavoro, considerato ormai una condizione necessaria per ciascuno di noi, sembra oggi dividere il mondo in categorie, sulla base tanto di dati economici quanto di elementi emotivi: nelle riflessioni che accompagnano la vita lavorativa trovano infatti sempre più spazio considerazioni legate al proprio stato d’animo. Ci si trova così, qualunque sia la propria occupazione, a percorrere, più spesso di quanto si pensi, gli stessi sentieri di smarrimento e a porsi le stesse domande sul futuro – o gli stessi rimorsi rispetto al passato. Ci si rammarica per le stesse occasioni mancate e si celebrano gli stessi successi orizzontalmente, rimbalzando come palline in un sistema polarizzato tra disoccupazione e burnout, tra sognatori e realisti, tra coraggiosi capaci di ribellarsi e rispettosi che si adattano. In questo stato di cose, messo in crisi dalla effettiva aderenza o dall’enorme distanza tra “ciò che sognavamo di diventare” e “ciò che siamo diventati” non ci resta che trarre conforto dalle storie altrui, cercando di mettere a fuoco il significato della propria felicità: che l’esito di questa indagine sia la rivoluzione di cui oggi si ha più bisogno? Ai posteri l’ardua sentenza.

Ivan Colombo
Milanese di nascita (classe 1984) prima si forma come attore-performer poi si laurea in Lettere Moderne presso l’Università Statale di Milano. Collabora con la redazione di “Stratagemmi- Prospettive Teatrali” dal 2020 contemporaneamente a percorsi di insegnamento, regia e scrittura teatrale.

Alice Strazzi
Laureanda magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, collabora attivamente con la rivista “Stratagemmi – Prospettive Teatrali” ed è parte della redazione di “Hystrio”, trimestrale di teatro e spettacolo. Ha partecipato al workshop di critica teatrale della Biennale Teatro 2021 e ha vinto, presso la stessa, il bando Scrivere in residenza – Teatro 2022. Ha lavorato anche nell’ambito dell’insegnamento scolastico.

foto Luca Del Pia ©

Non siamo niente, saremo tutto

Una chiamata pubblica, decine di lavoratrici e lavoratori che rispondono (il “lavoro” è il fil rouge). È l’inizio del progetto che si è concretizzato nel 2022 e che ha coinvolto professionisti e cittadini nel progetto teatrale prodotto da ZONA K, con Jens Hillje e Alessandro Renda, per esplorare storie individuali e affrontare il tema da differenti prospettive.

altri articoli su:
Non siamo niente, saremo tutto

questo articolo fa parte di:
Osservatorio Stratagemmi

CONDIVIDI

SEGUICI FB / IG