Il processo creativo attraverso cui prende forma un’opera procede in modo sempre diverso. Ci sono artisti affezionati a strategie compositive che li accompagnano in ogni lavoro, altri che di volta in volta adottano strade diverse; in alcuni casi si lascia ampio spazio alla fase di ricerca facendo dell’opera un risultato, tra i molti possibili, di questo viaggio; in altri è l’idea da realizzare a dettare le modalità di articolazione della creazione. Nel caso di linguaggi performativi come il teatro, il ventaglio di possibilità creative è ancora più vasto; l’elemento che rende questa fase potenzialmente infinita, nelle scelte ma anche nel tempo, è la componente dell’essere umano: persone che hanno un’idea, che sviluppano insieme un lavoro e che lo incarnano utilizzando come strumenti il proprio corpo in movimento, la propria voce, la propria presenza. 

Il progetto Non siamo niente, saremo tutto, diretto dal regista Alessandro Renda e dal drammaturgo Jens Hillje e finalizzato alla creazione di uno spettacolo, nasce dalla volontà di ascoltare le persone, in particolare lavoratori di professioni “non produttive”, e di riflettere insieme a loro sulle tematiche emerse dallo scambio. L’obiettivo è quello di strutturare un racconto nel racconto, in cui il teatro diventi forma, luogo e contenitore di molte storie: un’unica narrazione, composta da molti individui.

I partecipanti, inizialmente pensati come care workers (medici, infermieri, professori…), si sono rivelati essere un gruppo molto più eterogeneo rispetto alle previsioni: dai pensionati ai rappresentanti delle professioni più disparate, tutti accomunati dalla passione per il teatro, da qualche esperienza pregressa nel campo e da tanta voglia di riflettere e raccontarsi. Durante il laboratorio, che costituisce la prima fase conoscitiva del lavoro, i partecipanti sono invitati a condividere con gli altri la propria professione, guidati dalle domande e dalle indicazioni volutamente ampie del regista, pensate proprio per intercettare i percorsi suggeriti dai partecipanti. Seduti in cerchio, ognuno di loro racconta a turno la propria esperienza lavorativa, in una forma che oscilla fra il resoconto e la messinscena della propria vita. Ciascuno, con il proprio portato unico e prezioso, si apre al cerchio di persone per lo più sconosciute e sceglie di condividere una parte importantissima della propria vita. C’è chi racconta la sua giornata tipo e nel suo affannarsi possiamo intuirne il ritmo e le frustrazioni; chi, di poche parole, racconta la propria carriera in breve; chi cerca di sottolineare le proprie passioni sorvolando sul lavoro come su una parentesi necessaria ma noiosa; chi sceglie un piccolo episodio, un sentimento, un pensiero più importante degli altri. Il materiale narrativo di ognuno è sempre lo stesso ma ripetendolo si evolve, si trasforma, si spoglia dei fronzoli, prende direzioni impensate. Succede, per esempio, quando in piccoli gruppi ognuno prova a raccontare la propria esperienza fino al segnale di Renda che indica un cambio di narratore e uno scorrimento di persone da un gruppo all’altro. Come in un repentino cambio di canale, veniamo investiti da racconti diversi eppure venati di temi comuni, forse accentuati dal fatto che essere lì insieme a raccontarsi porta inevitabilmente alla contaminazione. Alla fine di questo lavoro ciascun racconto ha preso una forma sua, come un monologo che col tempo si approfondisce al posto di continuare a divagare.  È con questa preparazione che ciascuno affronta le singole interviste-video registrate per diventare parte integrante dello spettacolo. Per molti è la prima volta davanti a una telecamera e questo richiede diverse prove, ma, alla fine, il filmato cattura qualcosa di estremamente vero e urgente, di individuale eppure già divenuto collettivo grazie alla condivisione.

E infatti di un lavoro collettivo si tratta, sia perché inevitabilmente nel raccontare ci mettiamo in relazione agli altri, sia perché una parte della preparazione e degli esercizi proposti da Renda e da Hillje si focalizza sulla creazione di una partitura corale in cui i singoli diventino un tutt’uno, una comunità, senza però mai dimenticare la loro identità individuale. Tra gli esercizi richiesti ai partecipanti del laboratorio c’è, per esempio, quello di eseguire di continuo un gesto esemplificativo del proprio lavoro per guidare tutti gli altri in una marcia, una sorta di corteo. I partecipanti seguono la guida del momento imitando quel gesto che improvvisamente, ripetuto da un gruppo di persone insieme con passo risoluto e concentrato, perde i tratti dell’atto quotidiano e diventa un simbolo teatrale, universale e potente. Come ci racconta Renda durante le prove? «Il lavoro sul coro è alla base di tanto lavoro del Teatro delle Albe. La dimensione corale è fondamentale per il mio modo di lavorare e trovo che sia necessario tornare a indagarla perché non conosco miglior modo per far venire fuori l’individualità. Il coro non è una massa indistinta nella quale ci si nasconde… serve ad evidenziare gli individui. Sentirsi un “corpo unico” vuol dire accordarsi, come gli strumenti di un’orchestra. È anche questo l’auspicio che rivolgiamo tutti noi alla società».

Durante tutto il processo, anche la drammaturgia, che muove e tiene insieme questa orchestra di individui, è stata aperta a cambi di direzione suggeriti dai partecipanti e dalle situazioni. Numerose suggestioni sono state integrate all’interno del lavoro in modo tale da rendere possibile una lettura a più livelli, un prisma di sfumature in cui ciascuno può scegliere il filo da seguire. Risultano così integrati nel processo riferimenti come L’internazionale dei lavoratori del poeta anarchico Eugène Pottier e la riflessione sul suo significato al giorno d’oggi, fino ad arrivare a una rilettura dell’ultimo capitolo del romanzo America di Kafka. Il tutto è reso possibile dalla presenza, nella messinscena teatrale, di tre attori professionisti (Roberto Corradino, Milena Costanzo, Matteo Gatta) che legano e contestualizzano tutta l’azione drammaturgica, calcando il palcoscenico insieme al coro dei lavoratori. Durante le prove Renda e gli attori lavorano infatti sulla loro funzione di catalizzatore di quelle storie che la scrittura scenica vuole fare emergere. Come figure di raccordo, essi intervistano i cittadini i quali, nella finzione drammaturgica, saranno selezionati per la partecipazione al Gran Teatro di Okhlaoma di cui scrive Kafka. 

Il viaggio compiuto per la creazione dello spettacolo che vedremo in scena dal 3 al 5 dicembre 2022 è il fulcro del lavoro di Alessandro Renda e Jens Hillje, caratterizzato da una costante apertura al cambiamento e alla trasformazione. Si tratta di un lavoro che parte da domande e tematiche ampie e importanti e articola la sua identità facendosi sorprendere, trasformare e fecondare dalle persone che lo costituiscono, dalle storie che portano, dalle idee e dalle individualità che rappresentano. Come dice Alessandro Renda, sempre durante le prove: «Questo è il gioco di spiazzamento che si ha quando si lavora in assenza di una regia calata dall’alto: bisogna apprezzare la sorpresa ed essere pronti ad intercettarne le possibilità». 

Chiara Carbone
Laureata in Scienze della Musica e dello Spettacolo, si è formata come critica teatrale attraverso la rivista “Stratagemmi”, Biennale Teatro 2022 e il blog Sik-Sik. Ha collaborato in campo critico e organizzativo con Prospettive Teatrali, Tieffe Teatro Menotti, Teatro Franco Parenti e Charioteer Theatre. Ha lavorato nell’ambito dell’insegnamento.

Shahrzad M.
Shahrzad è danzatrice e insegnante del collettivo Rename Company®. Formata alla pratica degli studi coreologici, ne ha integrato la prospettiva nell’attività di ricerca e composizione coreografica, nelle lezioni e laboratori di creazione e nelle attività di scrittura critica e analitica.

Non siamo niente, saremo tutto

Una chiamata pubblica, decine di lavoratrici e lavoratori che rispondono (il “lavoro” è il fil rouge). È l’inizio del progetto che si è concretizzato nel 2022 e che ha coinvolto professionisti e cittadini nel progetto teatrale prodotto da ZONA K, con Jens Hillje e Alessandro Renda, per esplorare storie individuali e affrontare il tema da differenti prospettive.

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