SGUARDI – “Mediare l’immediabile” con Zanzotto

Fermata Stratagemmi / ECLOGA XI. Un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto

Sorry, this entry is only available in Italian.

«Vera figura, vera natura, / slansada in ragi come’n’aurora / che tuti quanti te ne inamora:/ aàh Venessia aàh Regina aàh Venusia». Questo l’incipit del Recitativo Veneziano scritto da Andrea Zanzotto per la prima scena del Casanova di Fellini che descrive Venezia durante il carnevale. Con le stesse parole, declamate da Luca Altavilla, si apre ECLOGA XI un omaggio presuntuoso alla grande anima di Andrea Zanzotto degli Anagoor. Venezia è la prima immagine che si forma nella mente dello spettatore, subito seguita da quella dal quadro di Giorgione: La Tempesta. In scena una tela riproduce il dipinto, ma non nella sua interezza, mancano infatti le due figure, Adamo ed Eva, che prendono vita sul palco nei corpi e nelle voci di Leda Kreider e Marco Menegoni. Gli attori, mentre osservano la raffigurazione, parlano delle condizioni della vita di oggi ponendola a confronto con il  passato. «Ho una sensazione strana, sai» dice un’Eva contemporanea, «mi sento adatta a questa epoca. Proprio questa, con la pandemia, il crollo economico, la politica miserabile, la confusione, l’assenza di sogni sul futuro. Questa, […]dove le persone disimparano a parlarsi e ascoltarsi. Tutti sono offesi da qualcosa. Tutti si sentono vittime e le vittime vere annaspano e muoiono silenziose».

Attraverso le parole e le poesie di Zanzotto, Kreider e Menegoni raccontano non solo la biografia del poeta tramite filastrocche venete, arte, racconti, ma ripercorrono anche  grandi eventi della Storia che hanno intersecato indirettamente o direttamente la vita del partigiano-poeta, come la Prima Guerra Mondiale, la battaglia sul Montello e il bombardamento di Hiroshima. Nel frattempo, i due attori cancellano lentamente il paesaggio di Giorgione con pennellate di pittura nera, fino a farlo scomparire totalmente. Ed è in quel momento che viene declamata la lettera di Gunther Anders – filosofo tedesco – scritta allo statunitense Claude Eatherly, pilota dell’aereo che ha sganciato la bomba atomica su Hiroshima poi pentitosi. La missiva pone diversi interrogativi e fa da contraltare ai componimenti poetici. Davanti alla catastrofe, come può l’uomo non cambiare opinione e riconoscere il proprio fallimento? Qual è la giustificazione per non impazzire di fronte all’orrore? Cosa e chi possono salvare l’anima dei criminali e degli assassini? E infine, può la poesia salvare l’uomo in quest’epoca in decadenza? Queste domande aleggiano nell’aria, mentre viene issata sul palco una scenografia pensata da Simone Derai, ispirata a Wood #12 A Z di Francesco De Grandi, che richiama il «fogliame oscuro», ossia l’ambientazione e la vegetazione descritta nel componimento (Perchè) (Cresca) di Zanzotto. Kreider, nell’ultima parte dello spettacolo, incarna una madre che culla un neonato mentre gli canta una ninna nanna in dialetto veneto: nella dolcezza dell’immagine della natività, dove il buio – l’oscuro – si dirada, si intravede il quadro di Giorgione precedentemente cancellato. In questo moderno Eden si riflette sul senso di una poesia «ostinata a mediare l’immediabile» in un’epoca, la nostra, apparentemente senza speranza. Mescolare il linguaggio, dialettale e alto, antico e moderno, poesia e prosa, è una cifra stilistica tipica degli Anagoor: il loro lavoro regala, attraverso fiumi di parole, infinite immagini e riferimenti, non tutte comprensibili. In scena si intuisce il profilo di un paesaggio nebbioso e ruvido di quel tipico “profondo veneto” che si ritrova nelle poesie di Zanzotto che scavano nel buio fino a trovare un bagliore di pietà e d’umiltà.

Francesca Rigato

foto Giulio Favotto

ECLOGA XI. Un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto

SEGUICI FB / IG