Sguardi – Istantanee a confronto per raccontare la complessità del reale
Fermata Stratagemmi / From Syria: is this a child?
From Syria: is this a child? racconta l’incontro tra due adolescenti, tra due mondi costituiti ciascuno dai propri dolori e sofferenze e dalle proprie vicende passate. La regia e la drammaturgia di Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio mettono a confronto le storie di Giorgia Possekel e Abdo Al Naseef Alnoeme attraverso la creazione di immagini capaci di rimanere impresse a distanza di tempo, pregne di significati e di sfumature commoventi. Ecco alcune istantanee, brevi fotogrammi per raccontare i nuclei centrali di questo spettacolo, capaci di portare con loro parte del nostro sentire e pensare.
Due vite a confronto
Giorgia è italiana e ci racconta la sua vita quotidiana, segnata da una guerra familiare, da una separazione. Ci parla del suo dolore, la cui presenza risulta così ingombrante da meritarsi un nome, “Pippo”. Pippo fa rumore continuamente, disturba, e non la lascia in pace. Abdo, invece, è siriano e quando era solo un bambino nel suo Paese è scoppiata una guerra. Durante la sua infanzia, Abdo ha imparato ad avere a che fare col dolore, mentre fuggiva dalla sua casa distrutta, mentre difendeva la sua stessa vita, mentre scappava con la famiglia altrove. Quando le sofferenze di Abdo e Giorgia si incontrano, però, non nasce una competizione per dimostrare quale sia il grado di maggior dolore che permea le due giovani vite, si crea invece una condizione di ascolto e comprensione. Gli attori stessi, nell’incontro col pubblico dopo lo spettacolo, raccontano che condividere i loro dolori ha reso gli stessi più sopportabili, più gestibili.
Indagare l’oggi attraverso il passato
La ricerca di Giorgia sulla guerra fa sì che emergano riflessioni importanti, pur raccontate sempre con grande semplicità e chiarezza. Perché scegliamo ancora di affidarci alla violenza per risolvere i conflitti? Come trascorre una vita durante la guerra? E quanto è lontana da noi? Sono parole che rimangono in parte un po’ distanti quelle della nonna di Giorgia che racconta del periodo della guerra, della paura che provavano nei confronti dell’aereo militare chiamato Pippo. Quando però, durante la narrazione, sullo schermo appaiono video dei carri armati e sentiamo il rumore atroce delle bombe che esplodono, quando vediamo dove e come vivono i ragazzini che, a causa della guerra, sono rimasti senza genitori in un campo profughi sul confine… allora la guerra, nella sua tragicità assoluta, improvvisamente ci piomba addosso.
Uno schermo per moltiplicare, sovrapporre, intersecare
Due schermi laterali, un videoproiettore sul fondale; due videocamere da tavolo e una mobile, manipolate da Giorgia e Abdo, per mostrare al pubblico il presente da diverse inquadrature, nient’altro che prospettive e sguardi diversi da quelli degli spettatori. A volte lo schermo proietta, i dettagli del volto di Abdo mentre racconta la sua storia; altre volte, invece, ci mostra immagini, mappe, fotografie,, in un continuo alternarsi tra la dimensione reale e quella virtuale, passando attraverso un presente che possiamo vedere in carne ed ossa e una sua documentazione estemporanea. Un passato congelato in reperti e un oggi che è già documentato nel momento in cui accade: una riflessione sulla sincronicità e sul tempo, che solo grazie agli strumenti tecnologici a nostra disposizione possiamo condurre.
Per un teatro documentario
Una mappa geografica in continua evoluzione grazie alla sua interazione con gli attori ci mostra la storia della guerra che ha sconvolto la Siria, vecchie fotografie di famiglia impilate, registrazioni video, oggetti appartenenti al tempo dell’infanzia: From Syria: is this a child? utilizza gli strumenti del teatro documentario per far vivere e rivivere eventi e storie, per presentare un passato che non conosciamo attraverso i racconti di chi l’ha vissuto. Le voci di Giorgia e Abdo portano in scena la loro storia e il loro dolore nel modo più sincero possibile. Per questo la scrittura, nonostante la drammaticità delle questioni affrontate, è capace di non sfiorare mai i toni del patetismo. Anzi, proprio per il suo taglio narrativo onesto e sincero è in grado di commuove profondamente gli spettatori.
Una prospettiva dal basso
Il filtro prospettico di tutta la narrazione è quello della quattordicenne Giorgia: il suo sguardo non semplifica ma coglie l’essenza di una tematica dalla grande complessità psicologica, emotiva e sociale, aprendo un varco dentro un’intimità in cui possiamo riconoscerci. Finito lo spettacolo, il pubblico rimane scosso e commosso, ora sembra quasi di conoscere un po’ Giorgia e Abdo. Ci si rende però poi conto che la storia raccontata, in fondo, è una storia più grande di loro, persino più grande di noi: è una storia sull’umanità.
Shahrzad M.
foto Alice Durigatto ©
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