SGUARDI – TRA REALE E VIRTUALE

Fermata Stratagemmi / Be Arielle F

Sorry, this entry is only available in Italian.

Nella puntata Be Right Back della serie antologica Black Mirror, la protagonista si affida a un servizio online per caricare foto e video del marito, vittima di un incidente stradale, in modo da crearne un clone virtuale: siamo certi che si tratti di mera distopia? L’ipotesi dell’immortalità digitale non appare poi così remota, in un mondo in cui la diffusione e il riutilizzo di materiale condiviso in rete possono sfuggire al nostro controllo persino mentre siamo ancora vivi. Proprio da queste premesse, il performer svizzero Simon Senn ha mosso i primi passi per la creazione di Be Arielle F: nato come un esperimento per abitare un corpo virtuale, il progetto si è presto trasformato in una riflessione più ampia sull’uso disinvolto della tecnologia e sulle implicazioni etiche che ne derivano.

Approfittando di un’offerta durante il Black Friday, Senn ha acquistato per soli dieci dollari la replica digitale di un corpo femminile da un sito specializzato in scansioni 3D. Davanti al pubblico ricostruisce, passo dopo passo, come ha provato a “dargli vita”, sfruttando animazioni preimpostate e sensori in grado di riprodurre i movimenti umani: con una sorta di vestizione, i motion captors vengono posizionati su bacino, mani e piedi, mentre su uno schermo appare un doppio virtuale dai tratti femminini. L’ultimo elemento a essere indossato è un visore VR che permette anche agli spettatori di condividere la prospettiva del performer: un uomo si guarda le mani, il petto e il corpo di donna, senza sperimentare una sensazione di disagio, ma piuttosto la sorpresa di un’identità aumentata, che non sostituisce ma arricchisce quella originaria.

Spinto dalla nuova percezione di sé, Senn ha sentito il bisogno di contattare la donna a cui apparteneva il modello digitale per condividere l’esperienza vissuta e ottenere il suo consenso all’utilizzo dell’immagine a fini artistici, concordando anche un compenso. La ragazza, una studentessa inglese che ha scelto lo pseudonimo di Arielle, è stata rintracciata grazie a un selfie pubblicato sui social con l’hashtag dello studio di scansione e si è mostrata disponibile a incontrarlo e a collaborare al progetto. 

La disgiunzione tra corpo fisico e virtuale è diventata, allora, l’occasione per esplorare le possibilità di ibridazione anche sulla scena, intrecciando codici e linguaggi diversi. I video delle scansioni 3D si fondono con le riprese live, le identità visive di Senn e Arielle si sovrappongono fino a sfumare l’una nell’altra, e i gesti teatrali dell’artista – come l’applicazione del trucco sul viso – amplificano il senso di metamorfosi. C’è spazio anche per momenti pop: il desiderio della ragazza di vedersi danzare sulle note delle Destiny’s Child diventa lo spunto per manipolare videoclip musicali, mentre Senn, sul palco, indossa abiti che rimandano alla performance delle Pussycat Doll in Don’t cha, amplificando il gioco di specchi tra reale e virtuale. 

Tuttavia, il potenziale creativo della tecnologia, esplorato prima in solitaria e poi insieme ad Arielle, si infrange contro le contraddizioni che emergono a mano a mano che entrambi prendono coscienza della vulnerabilità dell’identità digitale: Senn dimostra come il modello 3D, che la ragazza pensava potesse essere destinato solo a produzioni cinematografiche o videoludiche, possa diventare uno strumento alla mercé di chiunque, acquistabile e sfruttabile per fini imprevedibili. Nel tentativo di fare chiarezza, il performer svizzero si confronta con esperti del settore – dai proprietari del sito di scansioni a legali e psicologi – ma le sue domande restano in sospeso. La mancanza di un quadro normativo preciso si intreccia con l’ambiguità nell’interpretare i limiti del consentito: una lap dance è un contenuto sessualmente esplicito? Oppure solo la pornografia rientra in questa definizione?
Con Be Arielle F Simon Senn esplora il fragile equilibrio tra legittimo utilizzo e appropriazione indebita che investe il nostro rapporto con il mondo digitale, richiamando alla nostra attenzione la labilità dei confini etici che lo attraversano.

Nadia Brigandì

foto Luca Del Pia

altri articoli su:
Be Arielle F

questo articolo fa parte di:
Fermata Stratagemmi

CONDIVIDI

SEGUICI FB / IG