Lirica e dramma, ideali e bestemmia

di Maria Aldrovandi

People / L'Italiano è ladro

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L’immersione nello spettacolo, della durata di 80 minuti, inizia dalla ripida scala da scendere per entrare nel teatro. Il palco è ampio, a livello della prima fila e se sei seduto lì il confine tra proscenio e platea diventa sottile. 
Le pareti di una casa in costruzione fanno da scenografia, sul muro di blocchi di cemento al centro è appesa una piccola immagine dell’autore, sarà il quarto attore, sempre in scena. Sul palco tre sedie e due microfoni e già capisci che non sarà uno spettacolo tradizionale. 
I costumi degli attori, camicia bianca e cravatta, pantaloni con la riga, alludono a Pasolini, è la moda di quegli anni, è la divisa borghese.
Tutto crea una forma, come l’obiettivo di PP Pasolini, di “costruire una forma“.

Il testo viene letto. spiegato e recitato, ai due microfoni, senza dialogare. Ondate di parole si susseguono incalzanti, alternando lirica e dramma, invettiva e lamento, ideali e bestemmia.

E’ piacevole costruire l’immagine dei due bambini – il figlio dei contadini e il figlio del padrone – che crescono tra le rose di macchia e sui pianelli, ascoltando il tic del codirosso

La sperimentazione linguistica, il lessico letterale e dialettale, incalzante e ripetitivo, la parola difficile e l’intercalare … e mi penso, ….mica, continuano e ti portano alla spensieratezza bucolica dove le differenze sociali si mimetizzano dietro le dinamicheadolescenziali. Si passa presto al cuore sociale e politico della questione: le rivendicazioni dei contadini di fronte alla miseria e alla necessità dell’emigrazione, e quindi la lotta di classe, e tutti i giorni la guerra è pidocchi e fameFino alla morte del protagonista, al pianto della madre e al coro di madri unite nel dolore.

Il pubblico, prevalentemente giovane, è molto attento, le parole sono tante, i temi sociali pesanti, le emozioni si confondono, un attimo di distrazione e dal Friuli ti trovi nella borgata romana degli anni ’50, oppure ti sei perso il viaggio in America.

Gli attori non dialogano, ma espongono con accurata bravura e generosità il proprio racconto. Uno rappresenta gli eventi, la povertà, la forza, la rabbia; l’altro è il dolore, il pianto delle madri, l’amore per la madre, l’intimità. 
La musica accompagna e sostiene le parole, è discreta ma ricercata.

E’ uno spettacolo raffinato, il testo poetico aggancia l’attenzione, ma è impegnativo e può essere utile un po’ di preparazione prima dello spettacolo, per entrare con meno difficoltà nel flusso, per cogliere i tanti aspetti che senza documentarsi, potrebbero andare persi.

L’intervento centrale spiega l’analisi del testo, la cultura, la questione linguistica, stilistica e altri tecnicismi, arricchisce lo spettacolo, ma non ha aumentato il mio interesse, probabilmente non era quello che io cercavo. 

Pasolini era un uomo troppo avanti per il suo tempo, era “tanta roba” una moderna e brutta espressione per dire che era eccessivo in tutto, era libero.
Io in libertà mi sono emozionata per la profumata descrizione dell’infanzia dei due bambini cresciuti in campagna, il linguaggio crudo per raccontare le differenze sociali durante la loro crescita, il compromesso e la profonda rabbia nella vita adulta. Ho sofferto con la madre, che Pasolini propone e ripropone con grande devozione. 
La ricercatezza e l’abbondanza delle parole mi hanno suggerito e accompagnato nel percorso emotivo.

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