BIOGRAFIA D’ARTISTA – LINA SANEH E RABIH MROUÉ

Fermata Stratagemmi / PHOTO-ROMANCE

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Il teatro è sempre, in un modo o nell’altro, un fatto di rappresentazione, e a maggior ragione lo è per Lina Majdalanie (in arte Lina Saneh) e Rabih Mroué, che del gioco della rappresentazione fanno l’anima della loro ricerca. Attivi dagli anni Novanta, nati entrambi in Libano e attualmente residenti a Berlino, i due hanno sviluppato una personalità artistica a tutto tondo come registi, drammaturghi, performer e artisti visuali. La storia sanguinosa del Paese d’origine entra a forza nelle loro creazioni: «La guerra civile in Libano è durata più di quindici anni; quando è iniziata ero solo un bambino. (…) Il conflitto è penetrato nella mia carne, ha condizionato e condiziona tuttora i miei pensieri e le mie opere» racconta Mroué in un’intervista registrata per Traxxx (un osservatorio sul teatro contemporaneo internazionale). La difficoltà esistente nel poter immaginare  un domani è una cicatrice che permane indelebile e i concetti di pace e futuro sono in costante stato di rinegoziazione.

Quello che interessa agli artisti però non è fare divulgazione o politica in senso stretto, ma creare arte. Le immagini del Libano, della loro vita privata o di altri eventi storico-biografici diventano materia prima per la costruzione dei loro spettacoli attraverso scelte che ne mettono in luce la natura intrinsecamente ambigua e problematica. Mroué e Saneh rimettono continuamente in questione le linee di demarcazione fra vero e falso, fra finzione e documentario, fra vita e arte per indagare criticamente la natura stessa di tale confine. Per esempio Biokhraphia (2002) – il cui titolo è già di per sé un gioco di parole fra “biografia” e una parola araba che significa al contempo “vecchiaia”, “demenza”, “escrementi” – lambisce i temi della censura e della sessualità visti nel contesto libanese attraverso la messinscena di un dialogo in cui intervistato e intervistatore coincidono e si sovrappongono. Nell’immagine in sé si cela una vita parallela e autonoma rispetto a chi o a cosa la produce; essa ha un peso, un effetto sullo spettatore, un potere che i due artisti maneggiano con maestria, servendosi sulla scena di linguaggi multimediali. Fra i format privilegiati spicca la lecture performance, come nel caso di Sunny Sunday (last but not least) del 2020, dove il racconto di un matrimonio in un piccolo villaggio della Polonia nel 2016 diventa il mezzo per indagare il clima politico di quegli anni e il crescente potere dei movimenti di estrema destra.

La riflessione sul tema della rappresentazione e lo sguardo politico si rintracciano anche nei due lavori di Mroué e Saneh in scena a ZONA K fra il 22 e il 24 marzo. PhotoRomance (2009) mette in relazione immagine video e attori in scena immaginando, sullo sfondo di un film/documentario storico sulla visita di Hitler a Mussolini, un incontro fra un uomo e una donna avvenuto durante le manifestazioni a Beirut del 2006 in seguito all’attacco di Israele, tema quanto mai attuale che produce un’ulteriore drammatica interferenza. Second Look / Paranoia TV (2020) è invece un’installazione video sul collezionismo, dove l’immagine filmata degli oggetti conservati stratifica in sé il significato presente o passato attribuitogli dai loro proprietari, e con esso una miniera di storie vere o ricostruite attraverso la lente distorta dello scorrere del tempo. Le immagini infatti, come gli oggetti, non possono semplicemente svanire: attraverso lo sguardo dello spettatore e la guida dei registi si evolvono, si rivestono di sensi ulteriori, li stravolgono.


EFFETTI COLLATERALI

La svastica sul sole di Philip K. Dick (1962) è un romanzo in cui si intrecciano due possibili esiti alternativi della seconda guerra mondiale. La narrazione mescola realtà storica e fantascienza, mostrando come il vero storico non sia l’unico mezzo per riflettere sul passato, e nemmeno sul presente.

Natura morta con sedia impagliata (1912), opera di Pablo Picasso e primo collage della storia dell’arte, in cui il materiale del quotidiano è incorporato e trasfigurato in una natura morta per prestarsi a far parte di una rappresentazione ulteriore, oltre la somma delle singole parti.

La graphic novel Kobane Calling (2016) racconta un altro conflitto che dilania il mondo arabo, non lontano dal Libano. ZeroCalcare trasforma la militanza in arte facendosi al contempo testimone e protagonista, un po’ vero e un po’ inventato, dei suoi fumetti.

Chiara Carbone

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