BIOGRAFIA D’ARTISTA – MAURO PESCIO

Fermata Stratagemmi / Non è la storia di un eroe

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Quello che si sceglie di raccontare cambia e definisce chi siamo, stratifica le possibilità della narrazione che, come in un puzzle, contribuisce a costruire l’immagine di una persona data proprio dalla sovrapposizione di differenti prospettive e punti di vista.

Nella carriera eclettica di Mauro Pescio, – attore, regista, autore radiofonico e teatrale – sviluppatasi dal 2012 a oggi, si evince sempre più chiaramente una strada: seguire e sviluppare, attraverso la forma del podcast radiofonico, il racconto di accadimenti, fatti ed eventi che lo colpiscono. Le storie dunque sono protagoniste di ogni suo lavoro: da Voi siete qui per Radio24, dove raccoglie le vicende quotidiane degli spettatori, passando per La piena, un resoconto di traffico di cocaina per Audible; si interessa – a partire dallo studio di coloro che abitano e animano gli eventi politici del contemporaneo – alla tragedia del G8 di Genova, approda poi al mondo letterario e cinematografico, attraverso il podcast Un uomo chiamato Diabolik creato intorno al personaggio del famoso ladro.

La decisione di raccontare una storia piuttosto che un’altra, mantenendola così in vita, rappresenta la possibilità di definire e di mettere a fuoco anche il narratore: la figura di Pescio, infatti, emerge e si delinea grazie a ciò che sceglie di narrare.

«Chiunque voglia raccontare delle storie deve partire facendo una scelta: da una parte ci sono i mondi fantastici popolati da creature immaginarie […], dall’altra ci sono invece le cucine dei ristoranti, i treni, le scuole, gli ospedali ovvero tutti quegli ambienti in cui si muovono gli esseri umani in carne e ossa. In tutte le storie […] bisogna evitare di dire bugie a chi ascolta, perché ti sta concedendo la sua fiducia, ma anche a sé stessi. La storia che sta per cominciare è un diario intimo ad alta voce, dove io vesto i panni di chi ascolta». La vicenda è quella di Lorenzo S., un rapinatore che entra ed esce dal carcere; l’io narrante è Mauro Pescio e la citazione è tratta dall’incipit del suo podcast Io ero il milanese.

Il 2017 è l’anno di svolta: Pescio incontra e conosce Lorenzo S., detto “il milanese”, la cui storia è scandita da continue scelte sbagliate che lo riportano dietro le sbarre, molteplici errori che rappresentano, a volte, l’unica strada percorribile. Lo sappiamo: il lavoro, l’ambiente sociale, la famiglia ci determinano e, a volte, uscire da un tracciato già segnato è difficile tanto quanto restarci. Quanta forza ci vuole per scardinare ciò che appare già programmato? A questa domanda cerca di dare risposta Non è la storia di un eroe, restituzione live delle puntate del podcast, in scena il 16 novembre presso la Casa Circondariale “Francesco Di Cataldo” San Vittore e poi a ZONA K il 17 e 18 novembre.

Ci sono storie che non si può fare a meno di ricordare, che per la loro spiazzante verità vanno ascoltate: così Mauro Pescio dà corpo in scena – e non solo voce – al “milanese”, raccontando la sua vita con disarmante sincerità; mostrando al pubblico che tra il bianco e il nero, tra l’idea di giusto e sbagliato, ci sono una serie infinita di sfumature che rappresentano, anch’esse, molteplici possibilità di azione.


EFFETTI COLLATERALI

La bocca del lupo (2009) di Pietro Marcello è un documentario che mostra come in qualsiasi ambiente, anche quello più duro del carcere, l’attesa e la speranza di un futuro possano realmente concretizzarsi.

Folsom prison blues (1957) di Johnny Cash. Con un effetto straniante il celebre cantautore intona il racconto del ricordo del crimine commesso dal prigioniero protagonista del brano. Su Folsom prison blues si balla, come in tutte le canzoni di Cash: ma è giusto danzare su una storia criminale?

La vita agra (1962) di Luciano Bianciardi per leggere di una Milano che non lascia scampo e spesso si intromette nel destino delle persone. Anche una città può essere una prigione.

Un condannato a morte è fuggito (1956) di Robert Bresson. La pellicola in bianco e nero lascia in chi la guarda un senso di solitudine e speranza; ci si accorge di desiderare la libertà per il condannato, ossia per l’uomo, spogliandolo dal crimine che ha compiuto.

Francesca Rigato

Non è la storia di un eroe

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