BIOGRAFIA D’ARTISTA – Eléctrico 28

Fermata Stratagemmi / [ The Frame ]

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Diretto da Alina Stockinger, dal 2014 il collettivo Eléctrico 28 calca la scena urbana per ripensarla attraverso un linguaggio miscellaneo che spazia dal teatro alla danza passando per le arti circensi. Gli artisti che ne fanno parte (Daniela Poch, Josep Cosials, Jordi Solé, Clàudia Mirambell) vengono da parti d’Europa apparentemente distanti: sono infatti austriaci e catalani, due anime a tratti opposte eppure complementari. A tenerle insieme è il pittoresco nome del gruppo, denominazione del celebre tram storico che percorre il centro di Lisbona, attraverso cui l’immaginario geografico della compagnia si espande ulteriormente evocando quell’idea di immersione e attraversamento della città che ne caratterizza l’indirizzo artistico. Non per nulla, Eléctrico 28 lavora principalmente nello spazio urbano: strade, città, palazzi e parchi sono i palcoscenici dove gli attori mettono in dubbio, dialogando con il pubblico, i limiti tra realtà e finzione. La loro ricerca si fonda su ciò che si colloca sul confine e indaga la zona liminare del certo. Il punto di partenza è sempre lo sguardo: cosa si guarda e in che modo? Cosa attira maggiormente la nostra attenzione? Come Amélie Poulain, ne Il favoloso mondo di Amélie, fa di Parigi la pagina bianca dove stanare le sue storie, così il collettivo disegna un percorso, attraverso elementi di curiosità, per ricavarne una narrazione peculiare e personale. L’indagine può talvolta lasciare le vie più trafficate per provare a intrufolarsi negli interni, dietro le porte degli edifici e dei palazzi, in quella porzione di vita urbana che potrebbe sembrare privata ma che il gruppo è in grado di affrontare come una questione pubblica e sociale. Ne è un esempio il loro lavoro Full House, una favola che raccoglie racconti e vicende di difficili situazioni che si possono creare fra coinquilini: un cane, un cavallo e un koala vivono in uno spazio che definiremmo poco ottimale e il tono che ne deriva conferisce al lavoro una freschezza ironica, cifra caratteristica del linguaggio di Eléctrico 28, con uno sguardo critico libero da pregiudizi.

Durante gli anni ‘60 in Francia nacque l’OuLiPo (Officina di Letteratura Potenziale), un progetto di cui facevano parte vari nomi tra cui Perec, Queneau e Calvino e che voleva tentare di rinnovare la letteratura attraverso nuovi metodi di scrittura e di racconto. L’idea del gruppo era partire da regole prestabilite da rispettare o ribaltare, in modo che la loro arte fosse un capovolgimento del noto per creare qualcosa di nuovo. È a partire da questo concetto che [ The Frame ] degli Electrico 28, una performance urbana in cuffia inserita nella stagione di ZONA K, animerà il quartiere Sarpi di Milano il 9 e il 10 giugno indagando – alla Perec – la città e i suoi abitanti. L’attitudine del collettivo si declina alla perfezione nella “passeggiata urbana”, esperienza performativa che, per eccellenza, percorre lo spazio cittadino e, passando, lo reinventa. Così la performance indaga la città smontandola, facendo scorta di materiale umano, ricomponendosi in un racconto che è insieme vecchio e nuovo, banale e unico. Tutto è teatro: il dettaglio più insignificante può diventare fondamentale e, viceversa, qualcosa di evidente può divenire inutile e passare inosservato agli occhi dello spettatore concentrato su altro.

EFFETTI COLLATERALI
Il favoloso mondo di Amélie (2001), film di Jean-Pierre Jeunet: per allenarsi a scoprire le città con uno sguardo inconsueto, ordinario ed extra-ordinario al tempo stesso.

La vita, istruzioni per l’uso (1978), romanzo di Georges Perec: sfruttando la struttura apparentemente aleatoria di un condomino, pian piano il lettore si orienta e scopre le storie che si nascondono a ogni piano, pianerottolo o appartamento.

Requiem (1991), romanzo di Antonio Tabucchi: per immergersi in un vagabondaggio al confine tra l’Europa e l’Atlantico, al limitare fra la realtà e i suoi fantasmi.

Walkscapes: camminare come pratica estetica (2002), saggio di Francesco Careri: per comprendere il girovagare come forma d’arte, come atto di trasformazione del territorio, come strumento di conoscenza dello spazio.

Città sola (2016), saggio di Olivia Laing: per scoprire la parte sotterranea che vive dentro New York e per antonomasia in qualsiasi altra città.

Chiara Carbone e Francesca Rigato

foto Nikola Milatovic©

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