BIOGRAFIA D’ARTISTA – Yves Degryse, BERLIN
Fermata Stratagemmi / The making of Berlin
Yves Degryse è attore, regista e fondatore con Bart Baele e Caroline Rochlitz nel 2003 della compagnia teatrale BERLIN con base ad Anversa, di cui oggi è il direttore artistico unico, e co-direttore, insieme a Barbara Raes e Melih Gençboyacı, di NTGent.
Classe 1968, Degryse studia alla scuola di teatro Studio Herman Teirlinck di Anversa e recita con diverse compagnie per poi unirsi al collettivo SKaGeN, dove sin da subito combina nei suoi lavori arte teatrale a video-installazioni, nella creazione di esperienze sensoriali che abbattono la barriera tra interprete e spettatore. Il processo creativo dei BERLIN ha avuto inizio venti anni fa con lo stesso approccio, e proprio grazie a questo rigore interdisciplinare nelle produzioni che si muovono in più di ventisette paesi, la compagnia ha ricevuto nel 2015 il Premio della Cultura Fiamminga per l’innovazione teatrale. Tra le opere ricordiamo la audio-performance del 2019 Wie oud wordt… in cui il pubblico, seduto su una sorta di garrota di condanna, partecipa a un incontro informativo dell’Associazione per il Ringiovanimento del Continente Europeo e il film-concerto Ramble Song del 2021, un’azione teatrale di musica dal vivo accompagnata da filmati e immagini.
Contemporaneità, riflessione storica e documentario occupano però un ruolo di rilievo nella progettualità artistica del gruppo, che ha dedicato gran parte della propria opera ai due cicli Horror Vacui – cui si ascrivono i lavori Tagfish (2010), Land’s End (2011), Perhaps All The Dragons… (2014), Remember The Dragons… (2017) e True Copy (2018) – e Holocene, indagando storie personali alla ricerca di contraddizioni di carattere politico-sociale, che confluiscono in rappresentazioni sul rapporto tra il fatto privato e il senso di colpa collettivo per le azioni commesse. Oggi Degryse con The making of Berlin, sua prima creazione solista in scena al Teatro LaCucina nella stagione di ZONA K il 14 e 15 novembre, continua a distinguersi per il profondo esercizio di formule e letture immersive che rendono la messinscena un riflesso di realtà e al contempo ucronìa. Lo spettacolo chiude il ciclo Holocene, basato sulla raccolta di immagini e racconti di diverse città del mondo – lo precedono Jerusalem (2004), Iqaluit (2005), Bonanza (2006), Moscow (2009), Zvizdal (2016), e l’incompiuto Lisboa. Si tratta di video-ritratti documentaristici di vita vera che servono da monito nell’esplorazione di tematiche tanto quotidiane quanto universali. Per quest’ultima città viene scelta la Berlino della Seconda Guerra Mondiale e la storia si cela dietro il direttore d’orchestra della Berliner Philharmoniker, sostenuto dall’eco della Götterdämmerung di Wagner proveniente dai bunker.
Degryse ha recentemente gettato le fondamenta per trasformare la compagnia in un incubatore di giovani talenti, dapprima con il sostegno a due artiste associate – Fien Leysen in tournée per tutto il 2024 con ALABAMA, e nel 2026 Emma Lesuis – in seguito con il progetto YouTurn, nel quale mette a disposizione un archivio di 700 ore di girato tratti dalla ricerca sul campo di Holocene per l’ideazione di nuovi progetti. Il suo ultimo lavoro Living Apartment Together, in programma per il 2025, sembra prendere spunto proprio dal ciclo urbano per la narrazione delle vite degli abitanti di un condominio di sei appartamenti, scrutati nelle loro tiepide dimore ed esaminati dal pubblico nella quotidiana esistenza di incroci tra vicini.
Effetti collaterali
Immagini di città di Walter Benjamin (1955). In questa raccolta di saggi, pubblicata postuma servendosi della sua corrispondenza di viaggi per diversi giornali e riviste, il filosofo tedesco racconta con maestria e stupore immagini di città vive. Marsiglia, Mosca, Weimar, San Gimignano, Parigi, Napoli: ne descrive la storia palpabile sulle pareti degli edifici e negli sguardi scintillanti della gente, accompagnandola allo specchio della sua infanzia.
The Zone of Interest (2023), scritto e diretto da Jonathan Glazer. Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Martin Amis, presentato al Festival di Cannes, vincitore di tre BAFTA, due premi Oscar e argomento di innumerevoli dibattiti. L’indicibile e asettica “banalità del male” viene traslata in una serie di elementi sonori e architettonici ripresi da cinecamere nascoste operate da remoto, che rendono il film una sorta di documentario sulla convivenza con l’orrore e la precarietà della memoria dello stesso.
La chiave di Berlino di Vincenzo Latronico (2023). Dopo Le perfezioni, lo scrittore romano pubblica per Einaudi un saggio di formazione lungo dieci anni, disegnando lucidamente i cambiamenti della capitale tedesca e analizzando in modo disarmante la coscienza storica dei suoi abitanti.
Alexander Platz di Franco Battiato (1982). Riadattato dal brano Valery di Alfredo Cohen e inciso in tutto il mondo come cavallo di battaglia della cantante Milva e poi per la discografia di Battiato nell’album dal vivo Giubbe Rosse. «Alexander Platz, auf wiedersehen, c’era la neve …ci vediamo questa sera fuori dal teatro. Ti piace Schubert?», una fioca citazione alla più famosa Auschwitz di Francesco Guccini per poi ricondurre subito l’atmosfera al regime tedesco e al muro della Berlino Est, dove la musica classica è l’unica permessa.
Sammlung Boros, Berlino. Oggi è una collezione privata di arte contemporanea ma sotto il Terzo Reich nacque come bunker antiaereo costruito da lavoratori forzati. Viene successivamente utilizzato dall’Armata Rossa come prigione di guerra e subito dopo magazzino per tessili. In questo che venne definito “banana bunker” vennero conservati anche i frutti tropicali provenienti da Cuba, per poi diventare uno dei più famosi (fetish)club di musica elettronica del mondo, nuovamente trasformato in palcoscenico per uno spettacolo del Deutsches Theatre e più tardi sede della vietatissima festa di capodanno The Last Days of Saigon. 3000 mq di labirinto senza finestre dove tutto è possibile, e che lo rendono uno degli spazi espositivi più interessanti della scena berlinese.
Alessia Vitalone
foto © Koen Broos