FOCUS #3 ∙ ROTTE

People / GEOGRAFIE Stagione Teatrale 2024

La rotta va stabilita prima della navigazione e poi verificata strada facendo, passo dopo passo. Si tratta di avere une direzione che orienti il percorso. Così, da secoli, tendiamo a muoverci. Partiamo avendo una meta e un cammino. Vale per i nostri spostamenti, per la ricerca (il “metodo” viene da lì) come per ogni cammino di verità o direzione della cura di sé.

Oggi, piuttosto, abbiamo spesso l’impressione che qualcosa si sia rotto. Nei grandi cammini storici dell’umanità, nelle sensate esperienze o negli orientati percorsi sopra e dentro la propria anima, qualcosa si è interrotto. Queste rotture spesso ci interrogano, quando non arrivano a inquietarci, angosciarsi o anche disperarci.

Eppure, le rotture ci permettono anche di scoprire qualcosa che la direzione e il cammino di verità lasciavano nascosto. Presi com’eravamo dal senso, dal significato e dalla direzione del nostro procedere, ci dimenticavamo quel che nel tragitto ci accadeva, passo dopo passo, e quel che a ogni passo andava cancellandosi perché inevitabilmente lasciato indietro, scartato, (de)caduto.

Un’altra rotta, allora, comincia a emergere dallo sfondo delle nostre verità teleologiche. Un’altra avventura, apparentemente priva del senso che la prima sapeva ostentare, ma più radicata o radicale. Più che di una storia, allora, si tratta di una geografia, una scrittura degli spazi che diventano luoghi vissuti, abitati, attraversati. Più che un cammino, un girovagare. Più che una scoperta, un incontro.

Imparare ad abitare il tracciato silenzioso di ciò che continuamente interrompe la rotta comporta un rivolgimento generale di noi stessi e del nostro modo di abitare lo spazio in cui viviamo. Comporta iniziare ad abitare una delle ultime frasi, enigmatiche, che Freud ci ha lasciato: “la psiche è estesa, di ciò non sa nulla”.

Le rotte, le nostre rotte, sono tra i luoghi, negli interstizi tra una vita vissuta e un’altra che invece abbiamo abbandonato, scritti sui paesaggi dove i tracciati di noi stessi, realizzati e no, ci permettono di ritrovare quel che da sempre siamo, perché non lo siamo mai stati. La psiche è là fuori, tra i passaggi della città, i chiaroscuri dei parchi, i vicoli delle case, i grandi palazzi di un tempo e di oggi.

Di fronte alla sensazione che spesso proviamo che qualcosa si sia rotto, si tratta di inventare passaggi, interstizi, fessure che ci permettano, come si dice, di farcela per il rotto della cuffia. È più che una strategia di sopravvivenza, è un sopra-vivere, un vivere sopra la vita, un altro metodo, un altro passo. Come suggeriva Roland Barthes: “passo a un altro tipo di sapere (quello dell’Amatore), ed è in questo che sono metodico”.

Un’altra politica che ci si annuncia, un diverso modo di abitare la città, la propria come quella degli altri, anzi meglio, di scrivere e ritracciare di continuo questa soglia tra il proprio e l’altrui. Perché, se la psiche è estesa, l’inconscio è là fuori, nella polis, o in quello che ne sarà, a condizione di ritrovarla, da sempre perduta, ogni mattina, all’alba.                                                                                                      

Matteo Bonazzi

[Filosofo (Università di Verona) e psicoanalista (SLP/AMP). Presidente dell’associazione “CLAC. Clinica dell’adolescenza contemporanea”]

Foto di Cesura

GEOGRAFIE Stagione Teatrale 2024

3 Focus tematici per raccontare il mondo di oggi attraverso performance e spettacoli teatrali: 1. Transiti 2. Territori 3. Reti

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